Yazid e Dintorni

di Ruhollah Roberto Arcadi.

Nel Nome d’Iddio Altissimo

Un pomeriggio di mezza primavera, agli inizi di Maggio. Il sole si va abbassando su Roma, sulle sue antiche meraviglie, sui suoi orrori moderni. Siamo ospiti, io ed un caro fratello, non sappiamo se graditi, ma ripetutamente ed insistentemente invitati, almeno il sottoscritto, di un evento certo non scevro di una qualche importanza, che qui, in questa sede, non vogliamo menzionare nei particolari delle sue finalità e delle sue ulteriori individuazioni, lasciandone l’onere dell’identificazione a chi abbia occhi per vedere.

Tant’è che, in questo nostro breve e modesto scritto, non verremo a fare, per nostra scelta, non per omissione, nessun cenno di singole persone, in primo luogo per rispetto di quelli che, anche nel dissenso delle rispettive nostre opinioni, restano pur sempre dei fratelli amabilissimi ed onorevolissimi. E senza che si venga dare inoltre nessuna importanza soverchia ed immeritata a quanti verranno quivi ad essere l’oggetto del nostro biasimo argomentato:”adducete il vostro argomento, sei siete veridici”, Sacro Corano, XXVII, 64.

Perché a dirla apertamente, ci dispiace davvero di aver dovuto scegliere di vergare questi fogli, al che ci accingiamo, com’è già stato anche in passato per altri casi consimili, dopo oltre ben sei mesi di attesa e di riflessione da quell’evento. Eravamo dunque in attesa di quel fatto, che si profilava cruciale per tutta una piccola comunità, sino ad ora mantenutasi confinata in una sorta di limbo quasi nascosto. Ci eravamo preparati con interesse estremo e con un certo ardore persino, data l’importanza del fatto, vale la pena ripeterlo, che la faceva da coronamento ad anni di attesa, sforzi, vicissitudini, ostacoli vari.

Il gruppo umano che ne era stato vessillifero e promotore, e per un certo altro aspetto anche vittima, date le difficoltà che aveva dovuto affrontare, godeva di tutta la nostra umana solidarietà. Tutto questo, fatti salvi alcuni incidenti di percorso, alquanto incresciosi e biasimevoli, sui quali abbiamo nondimeno preferito soprassedere, sia pure nell’amicizia, nell’affetto, fratellanza e solidarietà con il fratello di fede che ne era stato vittima senza meritarlo, non avendo peraltro questo nulla a che vedere con quello di cui qui tratteremo.

Il luogo nel quale mi accingevo ad essere presente, a me già noto al tempo dei lavori di ripristino, era più che decoroso, addirittura elegante in certi suoi aspetti rimarchevoli, frutto degli sforzi lodevoli e diuturni di cui sopra. Il fatto è che la notte prima, nella casa di campagna nella quale eravamo ospiti del caro fratello che mi avrebbe accompagnato, in Umbria, a qualche decina di chilometri a nord di Roma, mi giungeva un messaggio da parte di un fratello pur sempre caro, che mi avverte di una presenza per me affatto sgradita.

Presenza di un personaggio, non mi veniva detto a che titolo, su cui non avevamo mai dissimulato le nostre divergenze di opinione, a mio modesto avviso un simulatore e millantatore inveterato, se non peggio. Le cattive informazioni sul soggetto in questione non sarebbero risultate ad alcuni e a quel fratello, nel qual caso sarebbe stato loro dovere informarsi. Oppure contraddittoriamente, mi veniva detto, non sarebbero state corrispondenti a realtà, pur essendo le sue prese di posizione aberranti pienamente documentate. Notizie fornitemi da quell’altro fratello con cui, vittima incolpevole del disdicevole incidente di cui sopra, quegli altri avevamo indebitamente rotto le relazioni.

Altra questione cruciale, sulla quale non era mai stata fatta chiarezza, era quella del finanziamento del centro suddetto, per parte assai rimarchevole dovuto ad uno strano gruppetto di personaggi, residenti in gran parte in Inghilterra, alla corte di Sua Maestà Britannica. Personaggi che pare abbiano messo anche le loro radici nei suoi “Dominions” e nelle ex colonie inglesi, comprese anche talune ex francesi come il Madagascar, dove non si sa bene che cosa ci stiano a fare, i cosiddetti sedicenti Khoja, ci si perdonino gli eventuali errori di scrittura.

Quello che non si riesce affatto a comprendere di questa gente, o gruppuscolo, è in primo luogo la loro identità. Ci sono? Da dove vengono? Sono una tribù, od un gruppo familiare? Il che non sembrerebbe. Che cosa mai li qualificherebbe a proporsi addirittura siccome un gruppo distinto all’interno della grande comunità dei seguaci della Famiglia del Nunzio Divino? Non è affatto chiaro. Il che, a prescindere da fatti di nazionalità, di stirpe, di famiglia, o di gruppi tribali, è a nostro modesto avviso affatto riprovevole.

“Vi abbiamo divisi in popoli perché vi conosceste”, recita il Sacro Corano, XLIX, 13, affinché risultassero certe differenze stabilite da Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, ed “ Egli ha creato il maschio e la femmina”, LIII, 45, ma non recita certo che Egli abbia creato nessun particolare gruppo sito alla corte della Regina d’Inghilterra e nelle sue colonie e domini, che addirittura pretenda di distinguersi dall’insieme della Comunità dei credenti, dai seguaci delle Genti della Casa, nella fattispecie, e da tutti quanti i credenti.

Fatto questo, vale la pena ripeterlo, a dir poco strano, se non addirittura assurdo, o anche potremmo dire, ripetendo un celebre detto, umano, troppo umano. Il che non significa, se non che l’intento divino primario è mediato da uno umano non fondato sulla Legge Rivelata, a dispetto dell’uso che ne viene fatto. C’è da augurarsi non da volontà malvagie, perché “il male viene dalle mani degli uomini”, Sacro Corano, XXX, 41. Una di quelle mediazioni che Iddio, Ne sia esaltato l’Essere, ha affidato a cause seconde illusoriamente indipendenti, ma che riportano pur sempre a Lui per il tramite per l’intermediazione di un’efficienza infera, alla quale una tale efficienza riporta.

Non riusciamo quindi a capire, fatto salvo ogni possibile caso del quale noi si possa essere all’oscuro, soprattutto sotto il riguardo della Legge Rivelata, chi mai costoro possano essere, che cosa ci stiano a fare, a quale titolo essi si debbano qualificare in un tal modo. Fatto peraltro foriero di sospetto ulteriore è che costoro sarebbero tutti, o quasi tutti ricchi. Gli “Ebrei della Scia”, sarebbero stati definiti. Ora la ricchezza è indubitabilmente in linea di principio una benedizione ed un dono divino, “vi ha estesi nei beni”. S. C. LXXI, 12.

Solo che per certuni la ricchezza si riferisce proprio a quelle cause suddette, che sono sottostanti a delle efficienze infere. Com’é nel caso coranico, di Qarun, o Core nella Bibbia, che venne maledetto e punito da Iddio Altissimo, sua benedetto e glorificato, S. C., XXVIII, 76-81, potendo anzi essa essere annesse ad una tentazione luciferica, com’è che appunto si recita in quel medesimo luogo. Sarà dunque solamente a questa medesima stregua che essa andrà condannata, includendo essa due possibilità e due esiti affatto opposti.

Fatto sta che nel nostro modo moderno e contemporaneo, così come avvenne anche persino nei primi tempi della vicenda dell’ultimo Messaggio Divino, come fu appunto per Muhavia il soppiantatore, che Iddio Altissimo lo maledica e lo sprofondi, la ricchezza sarà quasi sempre nelle mani di Ebrei, dei loro manutengoli e reggicoda, e dei loro assimilati vari. Tanto che chi fu ricco farà sempre più fatica a conservare la sua ricchezza, a dispetto di tutte le sue buone intenzioni, nel caso corretto in cui essa sia una benedizione divina.

Essendo divenuto ai nostri giorni assai difficile farsi ricchi per vie che non siano traverse. Da dov’è dunque, e soprattutto, da chi costoro traggono la loro ricchezza? Aspetto ancora una riposta anche a questo quesito. Il fatto poi che spesso, a quanto almeno è dato di sapere, ne facciano un uso almeno apparentemente devoto, non significherà di per sé nulla. Perché non è questa la questione, il nudo dato di fatto. L’uomo più empio potrà fare un uso apparentemente devoto dei suoi beni, quello che conta in questi casi è il suo fine. La stessa famiglia Saud, sanguinaria a corrotta, fa costruire luoghi di culto.

La cosa non significa nulla di per sé, perché quello che conta in simili casi sono i fini, palesi o nascosti che essi siano, così come anche l’origine di detti emolumenti. Che potrebbero in primo luogo essere dovuti ad atti impuri e proibiti dalla Legge Rivelata, il che già di per sé li renderebbe proibiti, com’è nel caso suddetto, e per di più orientati a secondi fini, tali da invalidarne l’efficienza sotto il riguardo trascendente. Della qual cosa non mancano esempi certo numerosi e svariati, anche illustri, nelle vicende umane.

Vale a dire, potrà trattarsi d’iniziative che siano tali da farne il pretesto di divisioni e scandali, come fu già per la moschea famosa della sedizione, espressamente menzionata da Sacro Corano, IX, 107-110, nella quale venne vietato di pregare:”non pregarvi mai!”, e che venne fatta addirittura distruggere dal Nunzio Divino: ”non abbiamo cercato altro che il bene! Iddio testimonia che sono dei bugiardi”. Con la qual cosa noi non vogliamo certo giungere a conclusioni e generalizzazioni affrettate e gratuite, lungi da noi. tutti.

Richiediamo solamente che si faccia chiarezza sugli intenti di chi se ne viene da luoghi remoti con le tasche piene di soldi per sovvenzionare luoghi di culto, come dicevamo fanno anche gli stessi incaricati della famigerata famiglia Saud. Gruppo peraltro, quello suddetto, ci siamo bene informati, quasi del tutto sconosciuto nella Repubblica Islamica dell’Iran, nella terra dei caduti per la fede, consacrata all’Atteso Ben Guidato, voglia Iddio Altissimo affrettarcene la gioia del palesamento, ma benevolmente tollerato nei domini di Sua Maestà Britannica, con i suoi manutengoli e padroni ebrei e massoni.

Tant’è che non si riesce a capire per quale motivo i lauti danari di costoro non vengano usati per altre iniziative assai lodevoli, ma si adoperino invece tanto per avere un loro centro di visibilità in Italia, in quel luogo, in quella Roma, che a dispetto di tutte le usurpazioni ed i tralignamenti, rimane pur sempre il centro spirituale dell’Occidente. Della loro visibilità in quella medesima iniziativa, della loro completa mancanza di ogni segretezza, diremo più oltre in questa medesima sede. Ma andiamo avanti in questa nostra disamina.

Che scrive questa righe aveva già espresso in precedenza le sue riserve per le iniziative di costoro, subordinandole in primo luogo, a parte ogni altra considerazione dottrinale, ad una completa assenza operativa di siffatti elargitori di danaro, come non sembrerebbe sia avvenuto, come avremo modo di osservare in seguito. Nel messaggio di cui sopra, mi si faceva menzione di entrambi questi due fatti, l’uno a me completamente sgradito, l’altro invece condizionato e da sottoporsi a verifiche operative, oltre che dottrinali.

Ma detto tutto questo eccoci, col mio amico e fratello ed accompagnatore di cui sopra, a Roma, nel pomeriggio del 5 maggio, giorno fatidico: “ei fu siccome immobile”, recitano i versi famosi. Giorno nobilitato dall’anniversario della nascita dell’Atteso Ben Guidato. Ma chi scrive, per volere d’Iddio Altissimo, ne siano esaltatati i Nomi benedetti, ad onta della sua buona disposizione, se ne rimane sveglio, non immobile. Ci troviamo tra tanti cari fratelli, che ci fanno festa. Poco possiamo presagire di quello che accadrà.

Nell’ampia sala della preghiera, l’amico che mi accompagna mi fa notare l’assenza di ogni immagine dell’Imam Khomeini e dell’Ayatollah Khamenei. Chi scrive è, per sua convinzione e propensione, assai poco propenso alle immagini, alle effigi, platonicamente ed islamicamente, e fa presente al fratello, che esse vengono in ogni caso tolte durante le preghiere, la cosa non deve certo urtare o scandalizzare. Ma passiamo all’attigua sala delle conferenza, anch’essa piacevolmente ampia ed elegante, in attesa degli astanti.

Qui abbiamo modo di osservare almeno due quadri, ciascuno del quali ha al suo centro l’Ayatollah Khamenei, ed ai fianchi, più piccole e ad un medesimo livello, con gli sguardi volti ai lati, non di fronte come la prima, le immagini dell’Imam Khomeni a sinistra, e dell’Ayatollah Sistani a destra, Errore quest’ultimo, o svista madornale ed assai sconcertante, che ci dà molto da pensare, anche nei confronti di quello che si era notato in precedenza nella sala della preghiera, quasi dovesse recare a questo riguardo un suo particolare messaggio.

Errore questo affatto imperdonabile, perché anche con tutto il nostro rispetto per l’Ayatollah Sistani, forse il massimo Giurisperito vivente, egli non è affatto un Wali Faqi, vale a dire, egli non è un “giurisperito Curatore”, il quale abbia l’incombenza, nel tempo presente dell’occultamento dell’Atteso Ben Guidato, di sovrintendere, seppure sempre a procedere da un punto di vista trascendente, alle faccende di questo nostro basso mondo, e nella fattispecie, della comunità dei credenti, com’è invece per i due Imam Khomeini e Khamenei.

Errore madornale questo, ma assai significativo, se si tiene conto del fatto che la congrega di cui sopra segue all’unisono, sotto il riguardo giuridico, l’Ayatollah Sistani come “Sorgente dell’imitazione”, vale a dire, interprete della legge Rivelata, com’è nel mondo dei seguaci della Famiglia del Nunzio Divino. Sarebbe stato invece auspicabile, a questo medesimo proposito, la presenza di due immagini distinte, quelle dei due Sovrintendenti alle cose di questo mondo, nonché anch’essi Sorgenti dell’Imitazione, e quella di chi è invece solamente interprete della Legge Rivelata. Ma niente di tutto questo, a riprova dell’invadenza, come minimo, di costoro, come avevamo sospettato.

Arriva il personaggio di cui mi era stato detto la sera prima. Non saluta e non familiarizza con nessuno, salve il responsabile del centro, a differenza degli altri astanti. Volto arcigno, del tutto privo di sorriso, superbia malcelata, così almeno ci sembra. Un fratello, del quale mi era stato detto invece la sera prima che lo avrebbe ben presentato, lo guarda invece con fare di disgustato, come risulta poi inequivocabilmente da quello che mi dice di lui. Vedremo che cosa avrà da dire, stiamo ad aspettare con tutta la nostra curiosità.

Nella sala delle conferenze arrivano molte donne vestite disinvoltamente all’occidentale, senza nessun velo, neanche minimo. Ci viene detto da un amico che la cosa sarebbe dovuta alla distinzione tra sala della preghiera, il luogo sacro, e quella delle conferenze, d’indole più pubblica. Fatto sta che molte delle donne senza velo entrano proprio dal luogo della preghiera, dalla porta attigua, e non da quella che comunica direttamente con la stanza delle conferenze. Il fratello della sera precedente, quello che si era messo in contatto con me, una volta arrivato, ho l’impressione faccia di tutto per evitarmi.

Gli avevo detto, che gli avrei dato notizie interessanti ed inquietanti sulla persona in questione, avevo anche da consegnargli uno scritto da me compilato in Iran, con mio grande impegno e dispendio di tempo, che egli mi aveva ripetutamente ed insistentemente sollecitato, ma niente, brilla solo per la sua distanza, anche se non per la sua assenza. Il personaggio in questione del quale dicevamo, oggetto della nostra discussione precedente, ha un sembiante ed in modo di presentarsi a dir poco ridicolo, a dispetto di tutto il suo cipiglio ostentato, delle sue arie saccenti, della sua pretesa autorevole.

Cappellone alquanto ridicolo a forma di colbacco, prettamente alla sunnita, segno di non si sa bene quale autorità religiosa, data anche la giovane età del personaggio, lunga palandrana, che rammenta quella del defunto e non compianto millantatore famigerato Pallavicini, baffi completamente rasi, alla salafita, su una lunga barba nera che finisce significativamente, come quella di ebrei e massoni, con una punta verso il basso, e non con una cesura orizzontale in quel senso, a segno di separazione, com’è invece in genere per gli spirituali.

Non sorride mai, non saluta nessuno, già dicevamo, sguardo freddo e corrucciato, s’isola a conversare con un fratello, l’incaricato della conduzione del centro, forse a suo avviso l’unico un poco degno di lui. Nulla di promettente. Entriamo nel salone delle conferenze, dove il pittoresco personaggio in questione s’insidia subito, da padrone, senza esservi minimamente invitato, com’è invece di solito in questi casi, sul palco degli oratori della conferenza, il cui argomento generale sarebbe quello dei luoghi di culto.

Arriva la prima donna della serata, per me assolutamente inaspettata, non essendo per nulla avvisato della sua sgradita presenza. La sala è piena, aria quasi mondana, almeno a mio modesto avviso. La prima donna è nientemeno che un giornalista, alquanto noto egli ambienti profani e mondani, che in un recente passato era stato all’origine di un infortunio assai riprovevole, vale a dire, un articolo tutto ricolmo di frizzi e lazzi, falsificazioni varie, ed addirittura calunnie, all’indirizzo della Repubblica Islamica dell’Iran, nel quale chi scrive ha l’onore di vivere con la sua famiglia.

Chi scrive era stato pregato dal fratello di cui sopra, quello del messaggio notturno, di vergare una risposta, il che venne fatto dopo alquanto tempo, con un certa mia riluttanza, ed i fatti mi avrebbero dato, sotto un certo riguardo, ragione. Giovani divoratori di polpette fritte all’americana, “state buoni se potete”, come fosse il Vaticano di Papa Francesco e di San Papa Polacco ed altri, tutta una società allo sbando, secondo le sue immaginazioni perverse, che si farebbe, a suo dire, fatica a frenare da parte delle autorità islamiche.

Con tanto di “chiavi del Giardino” per aspiranti caduti per la fede, falsità questa la più immonda, presa a pieno a prestito dalla stampa di Sion e della Massoneria, caviglie delle donne da concupire, scoperte per un istante, e ricoperte che siano, e così via, sproloquiando e cretineggiando, anche se la trovata non è certo originale. Al che la mia risposta di testimonio oculare, che dicevamo ha l’onore di vivere nell’Iran Islamico, fu assai facile: generalizzazioni varie ed invenzioni arbitrarie di chi aveva trascorso compiacendosene qualche giorno a Teheran Nord, la latrina non islamica dell’Iran Islamico.

Falsificazioni e calunnie varie, tra cui la peggiore è certamente quella della chiave in plastica per aspiranti caduti per la fede, ripresa passivamente, come dicevamo, dalla stampa dei servi di Sion, dalle varie voci del padrone, dall’uno e dall’altro pennaiolo prezzolato. La nostra risposta aveva avuto comunque inaspettatamente un certo successo, nell’ambiente dei fratelli e degli amici. Questo era dunque il giornalista indipendente propenso all’Islam nientemeno, come si era dato cura di presentarsi, in particolare nei nostri ambienti?

La presenza mondana del tutto priva di ogni motivazione, della quale non ero stato minimamente avvertito, di un simile personaggio, di un siffatto millantatore, più adatta ad una farsa di Pulcinella, ad una riunione salottiera, che ad non una riunione in ogni caso a sfondo religioso, mi sorprendeva e mi contrariava alquanto. Com’è che prima mi si manda allo sbaraglio spingendomi ad una controversia da me non voluta, e poi mi si propone la sua controparte colpevole come ospite primario e prima donna di una riunione, che dovrebbe essere in primo luogo la nostra riunione, della nostra comunità?

Ma in questa sede vogliamo mettere completamente da parte le nostre questioni e difficoltà personali, essendo del profilo religioso che qui ci vogliamo occupare. Che ci faceva lì quella persona, a che titolo era presente tra noi? Non certo di esperto preteso o presunto, la cosa sarebbe in ogni caso assolutamente fuori luogo, né tantomeno di autorità religiosa, Iddio Altissimo, Ne sia esaltato l’Essere, ce ne scampi. Che ci faceva lì, a scanso di buffonate e pulcinellate varie, come non era certo del resto il caso, a dispetto della sua indole?

Abbiamo una nostra risposta personale, una nostra particolare interpretazione, che esporremo in seguito, alla fine dell’insieme di questa nostra disamina. Il giornalista, o pennivendolo, o pennaiolo in questione, che dir si voglia, si presenta da tempo alla gente, o meglio, ad certi ambienti, da musulmano preteso e presunto, anche se in pubblico si proclama cristiano, mi è stato riferito da fronti ineccepibili. Non si sa se qualcuno abbia assistito alla sua professione di fede, ma abbiamo tutte le nostre ragioni per dubitarne. Non sappiamo se egli sappia, che cosa mai sia la dissimulazione, o “taqiyyaħ”.

Costui fa comunella da tempo con un wahabita, ce la sentiamo di definirlo per tale, già a suo tempo manutengolo del defunto Scialoia, che disse di avere accettato l’Islam nientemeno che alla corte della corrotta e sanguinaria famiglia Saud, dov’era ambasciatore addirittura per conto del governo della famigerata Repubblica Democratica Italiana, nata dalla resistenza e fondata sul lavoro altrui. Un infiltrato? Un provocatore? Fosse accertato, non ce ne meraviglieremmo più di tanto, quantunque non ce la sentiamo di affermarlo tassativamente. Fatto sta che comunque anche alla nostra riunione i due erano assieme.

Seguace sfegatato, questo presunto illustre giornalista, di quel Silvio Berlusconi, miliardario, ed ex Presidente, ed ex Cavaliere del Lavoro altrui, tra l’altro acerrimo nemico dell’Islam, che ebbe a difendere dalle sue reiterate disavventure giudiziarie, si noti bene. Non certo i tanti, troppi semplici cittadini italiani alle prese con le angherie di magistrati stupidi, ignoranti, corrotti, arroganti, titolari di uno di quei reiterati colpi di stato che hanno funestato in questi ultimi anni la vita della nostra disgraziatissima nazione.

Fatto sta che il nostro pennaiolo, anche se non occupa per partito preso, d’autorità, come invece l’altro, il palco del comando, vi si asside poi, solennemente invitato come ospite d’onore e primo oratore, incominciando un discorso pullulante d’inverosimili sciocchezze. Dice di avere partecipato nella sua Sicilia, come curatore e regista, ad una rappresentazione della passione di Gesù, la pace su di lui, alla fine della quale il segreto presunto del suo esito veniva rimarcato con un velo. Ma quale segreto? Cerchiamo di essere seri.

Ma come, tu sedicente musulmano, non hai il coraggio di fati carico della narrazione del Sacro Corano? Non hai il coraggio di dire che quella croce a braccio superiore in alto, inesistente nelle catacombe, verosimilmente diffusa dopo la visione di Costantino, non è nient’altro che un segno di supplizio, come una forca od un patibolo, a differenza del segno universale di quella con i quatto lati equidistanti dal centro, segno dell’uomo universale? Non hai il coraggio di spiegarlo o di affermarlo, oppure non ne sai proprio nulla?

Assente dalle catacombe dicevamo, per nostra personale testimonianza, questo segno venne poi usato ed abusato, a riscontro del trionfo delle concezioni paoline, della giustificazione per fede, culminante nelle aberrazioni protestanti, e non invece dell’ascesa a Iddio Altissimo, sia benedetto e glorificato, per la via della conoscenza, in arabo il suluk, dottrinale ed operativa. Che fa da controparte all’universalità della concezione rivelata, della sequela dei Nunzi divini, che culmina nella missione di Muhammad, benedica Iddio Altissimo lui e la sua Famiglia immacolata.

Dottrina questa presto obliterata nel mondo cristiano, per fare posto di quella paolina della Trinità, dell’incarnazione divina. e della morte e resurrezione del Cristo. E la pretesa “dormizione” del Cristo da dove l’ha tirata fuori quel Signore? La dormizione, nella cristianità, riguarda Maria, la pace su di lei, surrogato alla sua morte, non tenendosi conto di quell’Onnipotenza Divina che esalta chi vuole, com’è appunto nel Sacro Corano per Gesù ed Idris, la pace su di loro, e nella Bibbia anche per Elia, la pace su di lui.

Nel mentre per il Nunzio divino e la sua Famiglia benedetta ed immacolata la morte diventa invece segno di perfezione, se ne rimarca la superiorità trascendente nei confronti del mondo creato e delle sue vicende, che tutte comprende subordinatamente. Ed i riti della passione sarebbero, secondo lui, derivati dal cordoglio per la morte di Husain, la pace su di lui?Non sappiamo, non siamo bene informati a questo proposito, se siano ad esso anteriori, il che potrebbe ben essere, data l’antecedenza temporale della cristianità paolina.

Fatto sta che o si tratta di mere falsificazioni, oppure nel caso più improbabile di una loro veridicità, la derivazione non sarebbe orizzontale, come credono invece gli studiosi profani, nella loro ignoranza e supponenza, ma sarebbe d’origine trascendente, sia pure nella sua subordinazione all’altra, mercé del sigillo muhammadico. Mentre nel primo caso sarebbe, nella migliore eventualità, dovuta ad una visione presenziale alterata da un’aura sottile. Nulla dunque di quello che asserisce il nostro giornalista esimio.

E dulcis in fundo, condividiamo in pieno tutto il suo orrore per gli sproloqui del famigerato don Ciotti, il prete torinese che se la prende con le varie mafie del sud, giustamente sì, ma scordandosene la causa superiore dell’usura, avente uno dei suoi centri nella sua Torino, e della previa degradazione morale, ivi avente anch’essa per la nostra nazione una delle sue radici eminenti. Il quale affermava che la risposta ad ogni questione andrebbe ricercata in quella costituzione della “Repubblica Democratica” nata dalla resistenza e fondata sul lavoro altrui, che fu ispirata dai diavoli americani.

Ma si dimentica in pieno che l’Islam è invece proprio una civiltà giuridica, fondata sui corretti rapporti tra l’uomo ed Iddio Altissimo, ne siano esaltati i Nomi, radicati nella conoscenza. Rapporti attuati grazie a quella Legge, la quale costituisce il culmine apparentemente discendente dell’ascesa dell’intelletto. Il personaggio in questione, proprio da prima donna, se ne andava dopo il suo discorso sconclusionato, come chi avesse cose ben più importanti da fare. E veniamo ora invece al culmine di quella riunione, al suo secondo oratore, all’indefinibile Maestro di cui sopra, non si sa bene di chi o di che cosa.

Che occupa subito, non sappiamo se invitato, il posto del comando, profondendosi quindi in tutta una serie d’inverosimili sproloqui. Come premessa, dobbiamo sorbirci la lista delle sue pretese qualifiche altisonanti. Quello che lo aveva preceduto, era stato presentato come noto e valente giornalista, e regista più o meno ispirato. Questo viene corredato dal bravo ed ingenuo fratello che se n’è fatto carico, di tutta una serie di inverosimili, insulse, e ridicole attribuzioni, che lasciano tutte quante il tempo che trovano.

Seguace di più Maestri sufi, o sedicenti tali, tra cui quel famigerato Iakub, pretesa “guida spirituale”della famigerata e sanguinaria banda “Jabhatu-l-Nuşraħ”, che al soldo dell’immonda Famiglia Saud, d’israeliani ed americani ha insanguinato la Siria, a pro della quale ha invocato nientemeno che l’intervento della Nato, del che non diamo colpa al buon fratello che lo ha presentato, di cui sarebbe stato nondimeno dovere informarsi un po’ di più, ignoranza la sua “vincibilis”, non “invincibilis”. In possesso dell’”ijtihād”, non mi ricordo ora da chi, nientemeno che per alcune traduzioni!

Ora l’`ijtihād`, o “sforzo” per la deduzione, è una nozione prettamente giuridica, nulla avendo a che vedere con traduzioni od altro, le quali possono essere al più rivedute e corrette, non certo macellate da incompetenti, com’è purtroppo accaduto a chi scrive. “Studente di filosofia all’università di Pavia” nientemeno, il che la dice lunga sulle miserie intellettuali delle sue pretese frequentazioni, che dovrebbero certo guardare dall’alto in basso siffatti abomini mondani. Continuiamo. “Autore di scritti contro i Daesh” nientemeno.

Ma non sappiamo se contro la banda Al Nuşraħ, con tanto di “elmetti bianchi”, no di certo, che i sauditi hanno propinato dopo d’averne cambiato il nome e d’avere scaricato i Daesh, oramai impresentabili agli occhi del mondo. Nemico giurato del governo di Asad in Siria, questo lo aggiungiamo noi, e di quelli che al suo fianco in Siria, così come in Iraq difendono i santuari della fede minacciati dagli scherani tagliagole, dai mostri e dai diavoli della famiglia Saud, e d’israeliani ed occidentali, il fiore dei credenti, calunniati immondamente dal millantatore Jakub come stupratori di donne addirittura.

Manutengolo della famiglia Saud, alla sua corte ha appreso l’arabo, e non sappiamo se altro, questo anche lo aggiungiamo noi, per essere poi promosso sufi con Jakubi e compagni. Insegna a Torino, non si sa che cosa a chi, avendo inoltre incarichi nell’Università del Sacro Cuore di Papa Francesco e di San Polacco Papa, con appendici universitarie inglesi, alla corte di Sua Maestà Britannica. Certo un curriculum di tutto rispetto per un sincero credente, che viene riferito con susseguo agli astanti dall’ingenuo presentatore.

L’uomo, od “imago hominis”, che ebbe il coraggio di proibire che in sua presenza si maledisse Yazid, con la scusa che non sappiamo se Iddio Altissimo, Ne sia esaltato l’Essere, lo avrebbe perdonato, che Egli perdoni a noi il solo dirlo, come risulta da incontrovertibili testimonianze. Perché se Jafar Ibn Musa, la pace su di lui, ci dice che Muhawia, che Iddio maledica e sprofondi lui e suo figlio Yazid, non aveva più quell’intelletto con cui si adora l’Altissimo e ci si guadagna il Giardino, egli l’avrebbe largito a suo figlio, se possibile peggiore di lui, all’omicida della Famiglia immacolata del Nunzio Divino?

Il discorso era riservato ai luoghi di culto. Argomento disinvoltamente ignorato dal primo oratore, e sul quale invece il nostro si esibisce in tutta una serie di stupidaggini madornali. Moschee centro del mondo? Forse talune, non certo quella moschea del danno, menzionata espressamente per tale da Sacro Corano, o le moschee della immonda famiglia Saud e dei salafiti omicidi. Perché il senso letterale di “luogo di prosternazione” vale sia per Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, sia per Lucifero, dato che, a questo medesimo riguardo, la specificazione è ulteriore rispetto al significato previo.

E moschea come centro di luce in un mondo di tenebre? Nulla da eccepire sul centro di luce in senso eminente, seppure niente affatto esclusivo, esistendo anche altri centri di luce, ma il mondo non è tenebra, come credono stoltamente certi orientali, è luce anch’esso, semmai minore. Perché Iddio Altissimo ha posto i suoi segni negli orizzonti ed in noi stessi, come recita espressamente il Sacro Corano, XLI, 53, di cui diverremo consapevoli per via di conoscenza. Sciocchezza questa dovuta a forse a precipitazione, vogliamo essere buoni.

E la faccenda degli ubriachi che verrebbero condotti dagli improbabili Maestri di Siria di questo soggetto addirittura a guidare la preghiera? Non dice il Sacro Corano che l’ebbrezza allontana dalla preghiera e dal ricordo dell’Altissimo, V, 90-91? Non vieta esplicitamente di pregare ebbri, IV, 43, con una colpa che si aggiungerebbe a quella previa? Non fu questo un vezzo diffuso al tempo degli immondi governatori di Oŧman e dei carnefici degli Ommaiadi, da Muhawia in poi? Non è questa una via assai comoda per non distinguere tra bene e male, contrariamente agli asserti espliciti del Sacro Corano, II, 256?

Ma d’accordo con le fisime ripugnanti di un Papa Francesco nientemeno, amico di Obama, Scafari, Pannella, e della vescovesse svedesi, lesbiche e luterane. Non è una delle cose peggiori che si possano fare per profanare il culto divino? Papa Francesco, Muhawia, Yazid docent. Escogitazioni assai comode per farla finita con la Legge Rivelata, nella sua funzione eminente, già lo dicevamo, di culmine dei viaggi dell’intelletto, nell’apparente discesa, che qualifica quella dei Nunzi divini, di quello ultimo nella fattispecie, con i suoi eredi.

La prevaricazione e la violazione fatte passare per sublimazioni esistenziali da sedicenti sufi degenerati, forse quegli stessi che la fanno finita con la preghiera, nella loro pretesa di completa sottomissione ad Iddio Altissimo, sia benedetto ed esaltato, trascurandone il dettame centrale supremo, questo sì. Oppure che rimettono al cuore, ad un evanescente interno, con tutta la Legge, l’aspetto ineludibile della sua manifestazione concreta, o previa, o consequenziale? Tutto questo ci è capitato di sentire da certo presunti e pretesi Maestri.

Sono queste altre amenità che ci è stato dato di ascoltare, e che la fanno da degne compagne a quella degli Imam ubriachi, in coppia con gli stessi indegni che dai pulpiti usurpati, al tempo degli Ommaiadi, imponevano al popolo la maledizione della Famiglia immacolata del Nunzio Divino. Per coprire così le usurpazioni più indegne e le violazioni più ignobili, i “democristiani” di quel tempo, potremmo dire noi, senza nessun timore di fallo. “È a questo che sono giunte le cose”, com’ebbe a dire Alì, la pace su di lui.

Perché questo sì è possibile in questo nostro basso mondo, vale a dire, la trasgressione, siccome recita più volte il Sacro Corano, consentita da Iddio Altissimo, ne siano esaltati i Nomi benedetti, con uno dei segreti del suo agire per mezzo delle cause seconde. In ottemperanza ad una natura, ad un’argilla indegna, che si ritrae limitativamente dal suo esemplare superno, quanto al quale gli è ingiunto di agire, ma facendosi prendere dal suo tralignamento voluto anch’esso da Lui, ma senza toglierne quella scaturigine superna, da cui non potrà mai prescindere, nel suo dovere impostogli dalla Legge Rivelata.

Non siamo qui a fare citazioni dotte, oltre a quelle coraniche ed ai detti dei Puri. Dove l’uomo è ridotto all’infimo dell’abiezione dalla sua postura superna, XCV, 4-5, ma al quale non è ingiunto di fare nulla al di sopra delle proprie possibilità, VI, 152. Senza peraltro farsi ingannare, a questo medesimo riguardo, dall’indole del luogo sacro, quasi che esso a tutto debba e possa rimediare. Perché questa è la terza pecca del precedente discorso. Senza che al di fuori di questo tutto sia tenebra, come invece si pretendeva in esso.

Non è il luogo a specificare l’indole sacra, e neppure l’uomo, ma solamente Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato. Che ha reso il mondo e l’uomo tutto un alternarsi di luce e di tenebre, secondo le specificazione già sopra enunciate. Egli ha creato i cieli, il malakut, i livelli superiori dell’essere, i Suoi Messi, il mondo con tutte le sue vicende e differenze, gli uomini con i loro gradi, i diavoli e la loro sede, gli Inferi. Tutto viene da Lui, con un insieme di livelli che procedono, senza soluzione di continuità, dall’uno all’altro estremo, dal remoto al prossimo, sempre Egli su tutto, al di sopra di tutto, da Lui ed a Lui.

Volere fare di ogni erba un fascio, consentendo a Muhawia e Yazid di dare ai loro manutengoli ubriachi e prevaricatori, l’onore e l’onere di guidare l’atto per eccellenza del culto divino, la preghiera. E poi pretender che il mondo sia solo tenebra, attorno ad un centro di luce qualificato localmente senza virtù umana vicaria, quasi a pretendere che in esso tutto sia possibile, così come sarebbe possibile affidare ad indegni pervertiti e prevaricatori l’ufficio eminente di Guida della comunità dei credenti, tutto questo è a dir poco abominevole.

Nulla di tutto questo. La via retta è distinta da quella della prevaricazione, la loro distinzione è evidente, come recita esplicitamente il Sacro Corano, II, 256. Non ha nessun senso la Guida affidata ad un indegno, di qualunque gruppo di fedeli, sufi o no che siano, a meno che non siano empi dichiarati, similes cun similibus. A partire da chi, come già dicevamo, fa comunella con quella Nato, la cui scaturigine dall’empietà atlantidea è sin troppo evidente, e non distinguiamo qui tra Maestri pretesi, e discepoli, ingenui oppure in mala fede.

O che anche fanno comunella con quelle varie “unioni” dal basso propugnate dai massoni, come l’”Unione Europea”, o gli “Stati Uniti”, oppure le “Nazioni Unite”, nella loro pretesa scaturigine dal fondo della materia prima di natura, oppure dell’essere indefinito, in ogni caso dal dominio infero dell’empietà, e non certo dall’unità al cui culmine, oltre ogni limite creato, oltre l’”albero del limite”, Sacro Corano, LIII, 15, sta Iddio Altissimo, ne siano esaltati i Nomi:”di: Egli è Iddio Uno”, Sacro Corano. CXII, 1.

Tutto questo non possiamo se non rifiutarlo con veemenza estrema, mandando dove loro spetta, al diavolo, tutti questi pivelli sprovveduti, ed i loro sedicenti falsi Maestri. Vale a dire, con tutti quelli che amoreggino con il Vaticano di Papa Francesco e di San Papa Polacco, con gli ebrei israeliani, forse anche con i rabbini cabalisti, non certo con i retti seguaci di Mosè, la pace su di lui, con la Nato omicida, con i macellai di uomini della Jabhatu-l-Nuşraħ, promossa dalla famiglia Saud immonda e sanguinaria, e messa al posto di quei Daesh, lasciati solo apparentemente da parte perché orami impresentabili.

Ricordo loro che con Asad, che pure non è la perfezione, si batte il fiore dei credenti, a difesa della comunità dei credenti da quelle creature infernali, a scudo dei santuari della fede, senza fare violenza a nessuno, dall’Iran dal Libano, dal Pakistan, dall’Afganistan, dall’India, al fianco degli stessi siriani ed iracheni, ad onta di tutte le vili diffamazioni diffuse ad arte, com’è da copione in simili casi, dalla propaganda occidentale, È a questi che va il nostro sostegno, non ai sufi disparati, non alla famiglia Saud ed ai suoi diavoli. E tutto questo ci è stato dato di ascoltare, dove meno ce lo saremmo aspettato purtroppo.

Dove ci è anche capitato di dovere ascoltare, da uno che conoscevamo come un bravo, anzi ottimo fratello, subornato non sappiamo da chi, l’inqualificabile sproloquio per cui “noi non dipendiamo da nessun governo, chi lo vuole, ha scelto un’altra strada”. E no. Tu trascuri la funzione di quella Guida dei Musulmani, che è anche a capo di uno stato, la Repubblica Islamica dell’Iran. Noi non siamo sottoposti alla giurisdizione del suo governo, ma se tu segui lui devi seguirlo pure per conseguenza, anche se indirettamente.

Ogni indipendenza, in campo trascendente, con le sue addizioni effettuali, è assolutamente fuori di luogo, fisima borghese e massonica. Perché è in prima istanza a Iddio Altissimo, sia benedetto e glorificato, che dovremo essere assolutamente subordinati, ed in seconda istanza a quanti Egli ha stabilito e designato, quelli che ci mostrano la via per Suo conto, i Suoi Puri Inviati e gli Eredi del Nunzio Divino. In particolare, in questo tempo dell’occultamento del Suo designato, a chi ne fa le veci. Tutto il resto è solo abominio. Imam designato il Mahdi, di cui in tutti i discorsi non si è fatta quasi mai menzione, non qualificandolo come XII Imam, forse per non urtare i sunniti.

E tutto quello che è loro conseguente va seguito, in linea di principio, sempre cum grano salis, a scanso di deviazioni annesse pur sempre possibili. Ma dalla bocca dell’altro degli ottimi due fratelli che conducevano la riunione, ci capitava di sentire un altro sproloquio indicibile, un cosa di cui eravamo del tutto all’oscuro. Il quale, lo stesso delle lodi sperticate ai due oratori suddetti, non biasimiamo tanto la cortesia forse dovuta alla presenza, quanto piuttosto la presenza stessa, si faceva vanto del fatto, che il gruppo titolare del centro faceva parte nientemeno che della famigerata “consulta islamica”!

Quindi indipendenza dalla Repubblica Islamica dell’Iran dell’Imam Khomeini e dell’Imam Khamenei, la terra consacrata alla Famiglia del Nunzio Divino, ai caduti per la Fede, all’Atteso Ben Guidato, i cui giovani versano oggi il loro sangue nell’Asia Occidentale a difesa dell’umanità stessa. E dipendenza dalla repubblica democratica nata dalla “resistenza”, ovverosia dal colpire alle spalle l’ex alleato tradito in ritirata, e fondata sul lavoro altrui: a questo sono giunte le cose! E non ci si dica si tratterebbe di sola collaborazione.

La famigerata “consulta islamica” nacque dall’iniziativa di un Ministro dell’ex Cavaliere, da una prevaricazione che imponeva la rappresentanza della locale comunità islamica. Mi era sempre successo di diffidare e dissuadere i fratelli da ogni partecipazione. Non sappiamo come sia stato possibile aderirvi, sotto i governi, anzi dopo i colpi successivi di stato di Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, o sotto lo stesso ex Cavaliere. Non eravamo stati messi al corrente. Tutto ci era stato taciuto ad arte, del che ci rammarichiamo.

Ma tutto questo ha un solo significato, di sentirsela di aderire, come già si preconizzava nel progetto famigerato dell’”Imam di regime”, ai loro pretesi e presunti “valori”, bollati o non che siano, verosimilmente quelli di criminali, baldracche e pervertiti. La via mondana questa, non la via d’Iddio Altissimo, Ne sia esaltato l’Essere. Certo un bel progresso, rimarcato dall’assenza tra gli oratori, non sappiamo se presenti tra il pubblico, di ogni rappresentante ufficiale della Repubblica Islamica, non certo di quello dei Khoja, forse i veri padroni, palesemente o nascostamente, lo sappiano o no i responsabili.

Fatto assai grave in ogni caso. Tanto che ce la sentiamo di rivolgere, in tutta umiltà, un appello ai fratelli promotori di quell’iniziativa, dalla quale ci siamo allontanati con gesto di disgusto, senza attenderne il prosieguo. Attenti! Tralignare è facile, tornare indietro è difficile. La sedizione, come recita il Sacro Corano, VIII, 25, non coinvolge solo gli empi, ed addirittura i persecutori e carnefici della Famiglia del Nunzio Divino favorivano e promuovevano gli atti di culto della Comunità dei credenti, da perfetti simulatori che erano.

Non prendetevela con queste note che, a parte certi giudizi, si fondano su quello a cui abbiamo assistito quella sera infelice, di cui alcuni particolari c’erano stati accuratamente taciuti, a dispetto della comunicazione della sera prima, e di tutto il mio passato di collaborazione con quella comunità. Attenti, ce la sentiamo di ripetere, a non continuare a seguire quella via, che potrebbe portare al tralignamento ed alla perdizione. Perché, come recita il Sacro Corano, non certo dei membri della “consulta islamica” Iddio Altissimo, sia benedetto ed esaltato, si compiace, ma “dei predecessori primi tra i migranti, e degli ausiliari, e di quelli che li hanno seguiti nel bene”, IX, 100.

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