Il matrimonio temporaneo

Un’altra delle pratiche incomprese della Shi’a spesso criticata, specialmente da alcuni dei modernisti, è il matrimonio temporaneo o mut’ah. E’ un fatto storico definitivamente stabilito che agli inizi dell’Islam, vale a dire tra l’inizio della Rivelazione e la migrazione del Santo Profeta (S) a Medina, il matrimonio temporaneo, chiamato mut’ah, venisse praticato dai musulmani a fianco del matrimonio permanente.

Come esempio si può citare il caso di Zubayr al-Sahabi, che si sposò con Asma’, la figlia di Abu Bakr, in un matrimonio temporaneo; da questa unione nacquero ‘Abdallah Ibn Zubayr e ‘Urwah Ibn Zubayr. Queste figure erano tutte tra i più conosciuti Compagni del Santo Profeta. Ovviamente, se questo tipo di unione fosse stato illegittimo e categorizzato come adulterio, che è uno dei peccati più gravi nell’Islam e comporta dure punizioni, mai sarebbe stato praticato da persone che erano tra i principali Compagni.

Il matrimonio temporaneo venne praticato anche dall’epoca dell’emigrazione fino alla morte del Santo Profeta. E anche dopo questo evento, durante il governo del primo califfo e parte del governo del secondo, i musulmani continuarono a praticarlo, finché venne proibito dal secondo califfo, che minacciò di lapidare chi lo avesse continuato a praticare. Secondo tutte le fonti, il secondo califfo fece la seguente dichiarazione: “Ci sono due mut’ah che esistevano nell’epoca del Profeta di Dio e di Abu Bakr che io ho proibito, e punirò chi disobbedirà ai miei ordini. Queste due mut’ah sono la mut’ah rispetto al Pellegrinaggio (Hajj) e la mut’ah rispetto alle donne”.1

Sebbene inizialmente alcuni dei Compagni e dei loro seguaci si opposero a questa proibizione del secondo califfo, da allora i sunniti considerarono il matrimonio mut’ah illegale. Gli sciiti, comunque, seguendo gli insegnamenti degli Imam della Famiglia del Profeta, continuarono a considerarlo legittimo, come lo era durante la vita dello stesso Profeta (S).

Nel Sacro Corano, Dio dice rispetto ai credenti:

“E che si mantengono casti, eccetto con le loro spose e con schiave che possiedono – e in questo non sono biasimevoli, mentre coloro che desiderano altro sono i trasgressori” (23:5-7)

Inoltre:

“E che si mantengono casti eccetto che con le loro spose e con le schiave che possiedono – e in questo non sono biasimevoli, mentre coloro che desiderano altro sono i trasgressori” (70:29-31)

Questi versetti vennero rivelati a Mecca e dall’epoca della loro rivelazione fino all’Hijra2 è ben noto che il matrimoniomut’ah venne praticato dai musulmani. Se il matrimonio mut’ah non fosse stato un vero matrimonio e le donne che si sposavano attraverso esso non fossero state spose legittime, sicuramente secondo questi versetti coranici sarebbero state considerate come trasgressori della legge e sarebbe stato proibito praticare la mut’ah.

Risulta quindi chiaro che dal momento che il matrimonio temporaneo non venne proibito dal Profeta Muhammad (S), esso fosse un matrimonio legittimo e non una forma di adulterio.

La legittimità del matrimonio mut’ah continuò dall’epoca dell’Hijra fino alla morte del Santo Profeta (S), come dimostra questo versetto, rivelato dopo l’Hijrah:

“…come godrete [istamta´tum’, dalla stessa radice di ‘mut´ah’] di esse, verserete loro la dote che è dovuta…” (4:24)

Gli oppositori della Shi’a sostengono che questo versetto del capitolo “Le Donne” (Sura an-Nisa) fu abrogato più tardi, ma la Shi’a non accetta questo punto di vista. Le parole del secondo califfo citate prima, infatti, sono la migliore prova che fino al momento della sua proibizione questo tipo di matrimonio continuava ad essere ancora praticato. E’ inconcepibile che se la mut’ah fosse stata abrogata e proibita potesse continuare ad essere una pratica comune tra i musulmani durante la vita del Santo Profea (S) e dopo della sua morte fino all’epoca del secondo califfo; che se la mut’ah era stata quindi abrogata non fosse stata intrapresa nessuna azione per proibirla.

Non possiamo accettare l’affermazione secondo cui l’unica cosa che fece il secondo califfo fu di mettere in pratica un ordine di proibizione e abrogazione della mut’ah impartito dal Santo Profeta (S), perché questa possibilità è negata dalle chiare parole del secondo califfo: “Esistono due mut’ah che esistevano nell’epoca del Profeta di Dio e di Abu Bakr che io proibisco, e punirò coloro che disobbediranno ai miei ordini”.

Dal punto di vista della legislazione e della preservazione dell’interesse pubblico, si deve considerare inoltre la legittimità del matrimonio temporaneo, come quella del divorzio, come uno degli aspetti notevoli dell’Islam. E’ ovvio che le leggi e regolamenti vengano applicati con l’obiettivo di preservare gli interessi vitali del popolo in una società e per provvedere alle sue necessità. La legittimità del matrimonio nel genere umano dall’inizio fino ad oggi giorno è una risposta a questo impulso istintivo dell’unione sessuale. Il matrimonio permanente è stato praticato continuamene tra i differenti popoli del mondo.

Malgrado ciò, e nonostante tutte le campagne e sforzi di persuasione pubblica condotti contro di esse, le unioni sessuali illegittime o la fornicazione continuano ad esistere in tutti i paesi del mondo, nelle città grandi e piccole, nei luoghi pubblici e nascosti. In sé stessa questa è la migliore prova che il matrimonio permanente non può colmare i desideri sessuali istintivi di tutte le persone e che bisogna trovare una soluzione al problema.

L’Islam è una religione universale e nella sua legislazione prende in considerazione ogni tipo di essere umano. Tenendo in conto il fatto che il matrimonio permanente non soddisfa gli impulsi sessuali istintivi di certi uomini e che l’adulterio e la fornicazione, secondo l’Islam, sono tra i veleni più mortali, distruggendo l’ordine e la purezza della vita umana, l’Islam ha legittimato il matrimonio temporaneo sotto particolari condizioni in virtù delle quali risulta differente dall’adulterio e dalla fornicazione ed è privo dei loro mali e corruzione.

Queste condizioni includono la necessità che la donna sia sola per potersi sposare temporaneamente con un solo uomo, e dopo il divorzio debba rimanere un periodo senza potersi risposare (‘iddah), periodo che è la metà di quanto richiesto dopo un matrimonio permanente.

Nell’Islam la legittimità del matrimonio temporaneo è data con l’obiettivo di permettere, all’interno della legge sacra, le possibilità di minimizzare i risultati negativi delle passioni degli esseri umani, che se non vengono indirizzate legalmente si manifestano in modalità molto più pericolose al di fuori della struttura della legge religiosa.


Fonte: al-islam.org.


Note

Footnotes

  1. cfr. Sahih Sunan al-Nisa’i, vol. 2, p. 268, Edizioni “al-Riyadh”; Ibn Kathir, al-Bidayah wal-Nihayah, p. 460, Edizioni “Aalam al-Kutub”.

  2. Emigrazione del Profeta da Mecca a Medina.