Dell'Infallibilità

di Roberto Ruhollah Arcadi.

Nel Nome d’Iddio Altissimo.

L’argomento che ci accingiamo ad affrontare e ad esaminare in questa sede, potrebbe sembrare alquanto, se non addirittura del tutto retrivo, ed anzi affatto desueto. In effetti ai nostri giorni, in un mondo che sembra oramai ridotto ad un grumo informe privo di punti di riferimento, almeno apparentemente, dire d’infallibilità potrebbe sembrare affatto fuori luogo, facendosi di tutto, sempre ai nostri tempi, per negare ogni qualsivoglia principio superiore, al quale essa infallibilità possa fare riferimento ed appoggiarsi.

Sarà quindi, a questo medesimo riguardo, necessario procedere per gradi, dapprima mettendo in evidenza quelle sorte d’infallibilità surrettizie, coi loro principi inautentici, alle quali nella fattispecie di questa nostra età contemporanea si viene a fare, il più delle volte in modo nascosto, un qualche riferimento, a volte senza neppure rendersene conto, del tutto od in parte, esaminando quindi alcuni casi celebri presi dalle varie forme tradizionali, per considerarne il valore, al fine di accoglierle oppure di rigettarle.

A proposito d’infallibilità, va dapprima notato che ai nostri tempi c’è un qualche modo surrettizio di farvi riferimento e di appoggiarvisi, sia pure senza definirla manifestamente in quanto tale. Perché che cosa sarebbe mai a questa medesima stregua la tanto millantata ed invocata “volontà popolare”, alla quale fa capo la famigerata “democrazia”, liberale o no ch’essa sia, quantunque il primo caso, quello della presunta “democrazia liberale”, sia ai nostri giorni il più diffuso, apparentemente e temporaneamente quello vincente?

Nessun soggetto definito, a questo medesimo riguardo, il quale abbia a farsi carico di una qualche allocuzione, ma piuttosto un insieme informe d’individualità, che pretendono di farsi latrici di un qualche giudizio affatto inappellabile, almeno apparentemente: il tale è democratico, oppure no, la tale realtà, statuale o no ch’essa sia, sarà o non sarà a sua volta “democratica”, donde un conseguente giudizio di valore senza appello, con la pretesa di condannare o di approvare l’una e l’altra cosa, o l’uno o l’altro tale.

Non che questa medesima pretesa non abbia una sua qualche apparenza, antecedente o consequenziale che essa sia. Si ciarla dunque a vanvera di “stato di diritto”, addirittura di “leggi”, naturalmente approvate dal “popolo sovrano” nientemeno, per cercare in questo modo di costruirvi un loro edificio fittizio, una sorta di “realtà di sogno”, com’è stato detto sotto altri riguardi, la quale pretenderebbe così di fondare di suo tutte quante le precedenti pretese. Veniamo dunque ad esaminarle, una per una, con attenzione.

Che cosa sia la pretesa “volontà popolare”, sarà presto detto. Si tratterà di pretendere che un insieme d’individui, vale a dire, di specie estreme in quanto tali, inadeguate ed indivisibili, possa permettersi il lusso di volere qualcosa nel suo insieme, senza peraltro chiedersi che cosa, a prescindere da un qualsiasi giudizio di valore, da quella che in passato era detta “assiologia”, venga mai a stabilire il rango esistenziale dell’identità d’essere di quello che viene accettato ed imposto, o ricusato e condannato una volta per tutte.

La qual cosa non dovrebbe peraltro suscitare nessuna meraviglia. Perché come appunto già dicevamo, l’individuo è l’estremo limitare inferiore dei vari livelli della definizione esistenziale, il quale viene a stabilire una mera inadeguatezza, oltre la quale non si potrà procedere se non nel senso e nel verso di una compiuta dissoluzione, vale a dire, del nulla puro, nel suo aspetto larvale, negativo dell’essere, al di là della sua incoazione liminale detta “materia”, a cui appunto l’individuazione, con le sue varie forme, viene a sovrapporsi.

Occorre osservare, che sia pur avendo esistenzialmente una sua liceità, per inferiore che essa possa essere, anche venendo assunto in quanto tale, com’era già per il “synolo” di Aristotele, la pretesa completezza del tutto particolare, limitato, ed inferiore, esso non porterà se non ad abusi delle pretese di giudizio, perché in definitiva, in quanto tale, a prescindere dal suo correlato di scaturigine superiore, non potrà sussistere, se non siccome una mera astrazione mentale, siccome riconosceva in definitiva lo stesso Aristotele.

Dicevamo prima in quanto “specie inadeguata”, come definizione esistenziale priva di una sua qualche consistenza, che non abbia ad essere quella della sua negazione di ogni superiore inclusione a vari livelli d’universalità, in quanto tale indivisibile, vale a dire in lingua greca antica “atomo”, nel senso che al di là non si darà, siccome appunto già dicevamo, se non il nulla puro della mera dissoluzione esistenziale, il nulla degli esseri larvali negati, i quali la fanno da controparte al nulla puro e semplice della mera insussistenza.

Al quale questi ultimi la faranno da mera controparte liminale ed incoativa, venendo a definirsi nei confronti di quella che viene presentata siccome una mera “materia”, ovvero materia o natura “naturata”, per dirla con Scoto Eriugena, derivante dal suo correlato superiore di scaturigine, la materia o natura “naturante”. Un tutto dunque fallace ed appunto “materiale”, anche se non nel senso che siamo soliti erroneamente intendere, privo di per sé stesso di una qualche consistenza ed esistenza, il quale verrà allora assunto, ma in una guisa meramente mentale, siccome una realtà a sé stante, contrariamente alla sua natura.

È evidente così, che alla sua inconsistenza reale farà da controparte l’insussistenza di ogni suo qualsivoglia preteso insieme, come già assumeva a suo tempo del tutto correttamente Molla Sadra, la qual cosa varrà in effetti anche per degli esseri a loro modo reali. Che cosa dunque avrà da dire quel composto, in quanto nulla di nulla, quale sarà la sua voce in capitolo, sarà dunque assai difficile a capirsi ed a definirsi. Perché ogni atto, in particolare la volontà, sarà frutto solamente dell’essere, non certo dell’immaginazione dell’essere, la quale non sussistendo in sé, dovrà a tal fine riferirsi all’ente in cui sussiste.

Essa volontà verrà dunque ad essere l’ufficio di tutta una serie di successive realtà superiori, alle quali quella individua, sia pure assunta che sia in senso corretto, non potrà non fare riferimento. Laonde la volontà verrà ad essere funzione di un essere, o di un insieme di esseri superiori inclusivi, non certamente esclusivi com’è invece quest’ultimo inferiore, quindi quanto minimamente plurificata, ma invece semplificata di livello in livello della sua ascesa, nel senso di varie unità successive sopraordinate, le quali andranno a definirne di volta in volta la funzione, siccome loro entità inerente.

Che cosa abbia a rimanerne in questo modo, al di là delle varie immaginazioni a questo medesimo proposito, sarà da un lato ben difficile, dall’altro canto assai facile a dirsi. Sotto il riguardo dell’essere non se ne attingerà nulla, perché come dicevamo, non avrà un suo essere, una sua sussistenza e consistenza, ma si limiterà ad un fluttuare liminale ed incoativo sul dominio della mera dissoluzione del non essere puro, nella sua pretesa di definire quella materia, anch’essa affatto liminale, in realtà niente affatto definibile, nella sua mancanza di una qualsivoglia pretesa consistenza, come già dicevamo.

Quali leggi potrà dunque mai esprimere una mera compagine d’individui in quanto tali, astratti o no che essi siano, inconsistenti separatamente dalla loro superiore scaturigine, il che li invaliderà del tutto, oppure riferendovisi sì, ma continuando nella pretesa di fungere in quanto tali, in quanto meri individui, la qual cosa toglierà loro in effetti l’origine e la sostanza di ogni fungere. Quali leggi possa mai esprimere alcunché di siffatto, sarà ben difficile a dirsi ed a capirsi, se condizione della legge ne è la stabilità esistenziale, non la funzione liminale ed incoativa di una successiva dissoluzione.

Illusione dunque quella la più perniciosa. Ma sotto il riguardo invece dell’efficienza dell’immagine, di quella che è stata detta da taluni la sua “realtà di sogno”, è rimarchevole che, al suo livello d’esistenza affatto spettrale, avrà non soltanto un suo modo d’essere, ma anche una sua efficienza. Vale dire che, seppure inconsistente ed inesistente in un senso superiore, siccome dicevamo, ciò nondimeno la sua suddetta esistenza liminale e corporea avrà non solamente modo di farsi valere, ma addirittura di costruirsi un suo edificio perverso, o persino tutto un suo insieme di edifici.

Non certo nel senso di un’efficienza superiore, vale a dire della volontà personale, peraltro in senso stretto attributo solamente divino, ma in quanto riduzione al nulla, al quale ricondurre anche qualsiasi essere creato. Nel senso che, fatta valere che essa sia come efficienza, la sua verrà ad essere una mera efficienza dissolutiva, una non efficienza, ed in questo senso ancora una volontà sì, ma siccome invertita, caricaturale, visto che l’efficienza della volontà reale verrà ad essere inclusa nell’essere, non certo nel nulla, che a quello velleitariamente ed immaginariamente pretenderebbe di contrapporsi.

Vale a questo medesimo riguardo, la stessa osservazione che l’Imam Sadeq, la pace su di lui, ebbe a fare in un suo celebre detto per talune intelligenze inautentiche, caricaturali, ed invertite, nella fattispecie per quella di Mu’awiya, che Iddio lo maledica e lo sprofondi, che la sua non è certo intelligenza, riducendosi invece ad una sua mera contraffazione infera, ad essa somigliante in un senso meramente caricaturale. Lo stesso delle maschere diaboliche carnevalesche, senza essere affatto tale, intelligenza appunto, sforzandosi d’imitarla per le bassure di questo nostro mondo e della dissoluzione infera.

La volontà sarà funzione appunto dell’intelligenza, così come invece, per tutto quello che concerne quella suddetta, nella sua irrealtà, venendo a valere una siffatta indole inautentica, caricaturale, contraffattiva, infernale. Qualcosa di simile, per questo medesimo verso, alle larve infernali dissolutive di cui prima, alle quali spetterà un essere il più limitato ed inconsistente, che sarà appunto quello della loro mera negazione, e null’altro, laonde esse saranno sì, ma senza essere a rigore, in quanto nulla, in quanto mere dissoluzioni negate nel nulla puro, prima della sua assoluta purezza. Siccome già dapprima dicevamo, non deve affatto stupire, a questo medesimo riguardo, l’appariscenza a volte estrema dell’artificio di certe sue costruzioni speciose. “Non deve stupirti la grandezza del male, anche se il male non è comparabile al bene”, recita a questo stesso proposito il Sacro Corano, V, 100. In effetti certe sue costruzioni, se considerate al medesimo livello d’esistenza di questo nostro mondo, avranno un che d’inverosimile, non avendo avuto in precedenza eguali, pur non essendo confrontabili a quelle di natura. Edifici, macchine, marchingegni d’ogni sorta sembrano fatti apposta per ingannare i gonzi e gli ingenui, ci sia consentito il dirlo. E questo vale non solamente per il grande, ma anche per il piccolo, sottoposto ad una continua, successiva invasione. Perché giammai il genere umano si era ridotto a simili miserie, mai aveva prodotto in tale profusione siffatte bassure, mai aveva tentato, dai tempi di Nembrot e della torre di Babele, di dare la scalata al cielo in una guisa meramente corporea, né di insinuarsi nelle latebre dell’infinitesimo.

Ma non è per il momento di queste compagini ed artifici corporei che intendiamo qui occuparci, ma di quei prodotti che possiamo definire più propriamente animici ed immaginali, vale a dire, leggi, contratti, accordi, associazioni, con vari fini, il tutto apparentemente libero, frutto della pretesa e presunta “volontà” umana. Nella fattispecie, le leggi e le compagini statuali “democratiche”, o più propriamente “liberal democratiche”, od anche “liberiste”, se vogliamo annettere il liberismo al liberalismo, come peraltro avviene.

Il fatto è che questa volontà caricaturale ed invertita si permette il lusso nientemeno, che di vomitare dal suo ventre delle pretese e presunte leggi, persino di addivenire a delle “unioni” varie, sempre dal basso, non unità dall’alto, a lei affatto impossibili. Ora la legge, nella sua definizione corretta, così come ogni qualsivoglia realtà autentica, non potrà fare capo se non all’essere, giammai al nulla. Dicevamo appunto prima, che la funzione individua sarà a rigore distruttiva e dissolutiva, giammai costruttiva e creativa, non derivando da un qualche esistente, ma invece dalla sua negazione.

Dunque le sue pretese leggi, che non saranno in senso proprio scaturigine dell’essere, non costruiscono, non producono, non creano, ma invece distruggono, a modo d’insetti schifosi succhiatori del sangue altrui. Se non palesemente e compiutamente, almeno in un senso incoativo vale a dire, che esse si adopereranno in tutti i modi per tentare d’imporre le condizioni della dissoluzione. Conformemente a quella che è la matura della loro scaturigine immediata, vale a dire, come appunto già dicevamo dell’individuo, nella sua velleitaria astrazione dal principio dell’essere, ovverosia dalla sua trascendenza.

Non essendo dunque dette leggi inautentiche delle scaturigini esistenziali, ma invece principi di risoluzione incoata, il loro compito verrà ad essere quello opposto a quelle le quali stabiliscono le condizioni dell’ascesa all’essere ai suoi livelli superiori, vale a dire alla prossimità divina, apprendendosi così, nella loro stessa realtà, a sensi divini, scaturigini dell’Altissimo, il Quale, come recita il Sacro Corano, XLI, 53, “ha posto i Suoi segni negli orizzonti ed in voi stessi”, cioè nel nostro mondo e nelle nostre stesse persone.

Dunque è per questo, che la Legge autentica sarà eminentemente Legge rivelata da Iddio ai Suoi Nunzi ed Inviati, sia magnificato ed esaltato, segno centrale come scaturigine mediata dei vari livelli dell’essere, di competenza dei livelli dell’Uomo Perfetto, sino a quello superno dell’intelletto primo, della sua luce muhammadica, della sua unità, nel duplice arco della discesa e dell’ascesa, il quale dà origine all’universo creato, con i corrispettivi versi dell’ascesa e della realizzazione esistenziale di competenza della creatura umana.

Sennonché adesso, come appunto dicevamo, ci troviamo di fronte ad un incomodo ulteriore, dovuto al fatto che, conformemente al detto dianzi citato dell’Imam Sadeq, la pace su di lui, avremo a che fare con un assurdo apparente, dovuto ad un essere, pur sempre in qualche modo tale, il quale non saprà riconoscersi nell’ufficio dell’ascesa a Iddio Altissimo, Ne sia esaltato l’Essere. Quello che sarà dunque da rimarcarsi a questo medesimo riguardo, sarà che quella funzione e realtà, di scaturigine e di attuazione ascendente, sarà a rigore universale, nel senso di comprendere tutto quanto il creato.

Anche nella sua forma estrema e larvale, che sarà quella della dissoluzione infera, questa realtà e finzione pur sempre verrà a valere, quantunque occultata nel non essere inclusivo, sebbene la cosa non sia valida per le intelligenze ordinarie, ma solamente per quanti siano “radicati nella conoscenza” divina, III, 7, siccome recita il Sacro Corano, mentre nel caso contrario dell’uomo comune di cui dicevamo, la funzione ne verrà ad essere invece discendente e dissolutiva, non ascendente e perfettiva, com’era nell’altro caso.

Dicevamo dunque, che in questo nostro basso mondo liminale dell’individuo e della materia, ovverosia della corporeità, con la loro dissoluzione incoata, ci troveremo al cospetto di compagini ingannevoli, apparentemente immani, con tutte le loro produzioni immaginali, le quali si sforzeranno, sia pure in una maniera in definitiva del tutto vana, di ripetere il sembiante superno dell’intelligenza, addivenendo in questo tentativo a risultati vari, non scevri di una loro fallace attrattiva, ma pur sempre affatto vani. Una di queste produzioni fallaci, di siffatti sembianti, verrà allora ad essere appunto quella di una legge, di un insieme di norme, di convenzioni inautentiche, come il patto sociale di Rousseau, od il “covenant” dei Padri Pellegrini della Nuova Inghilterra, con tutte le varie compagini statuali e sociali a cui faranno riferimento, tali da imporsi o con le buone o con le cattive, con la suadenza o con la violenza, in ogni caso nella loro pretesa di farsi valere siccome realtà indiscutibili ed imprescindibili, alle quali non è dati di non fare riferimento, e che non è concesso in nessun modo di rifiutare.

Sono quelle “realtà di sogno”, delle quali taluni hanno detto, riferendole peraltro ad assunti impropri, vale a dire, nel dominio pubblico e sociale, a quelle compagini che, almeno apparentemente, la fanno tuttora, od hanno fatto come d’opporsi a ben altro, vale a dire, proprio a quell’insieme perverso della “liberal democrazia” della presunta e pretesa volontà popolare, il che ha conferito loro, specialmente in passato, un’aura d’illibatezza, attirando loro la considerazione ed il consenso di molti ingenui.

Volontà che peraltro compare anche in quelle, ma in un qualche modo attenuato, nel loro farsi valere siccome realtà comune, quindi costruzioni a loro modo siffatte, ma che nondimeno possiedono pur sempre una qualche parvenza fascinosa di realtà, oltre quella palesemente dissolutiva, nel senso che l’una, quella fascista e nazionalsocialista, tenta di dare forma ad un qualche realtà tradizionale ispirata, seppure immaginariamente, sia pure travisata all’inverosimile, nella quasi completa assenza di validi punti di riferimento.

Nel mentre l’altra forma, il social comunismo, tenta per parte sua d’imporre un insieme esistenziale tralignato sì, ma pure a suo modo reale, vale a dire, quello di un essere estremo materiale e liminale, a suo modo, sia pure solamente entro certi limiti, come avevamo già visto poc’anzi, ancora legittimo e naturale, seppure destinato a dissolversi dopo breve corso senza colpo ferire, a dispetto di quelle che erano sembrate le sue imprese precedenti, ingannevoli in quanto o non volte contro il tralignamento estremo, o limitate.

Di fronte ai due, come nemico in una qualche misura autentico, nel senso delle formalità esistenziali rispettive, così come dall’altra pare inautentico, sotto il riguardo invece del loro tralignamento, si presenta la forma estrema, momentaneamente ed apparentemente vincente, di quello che non possiede forma la quale non abbia ufficio dissolutivo, di là da tutte le sue pretese vane, di quello che in definitiva si oppone all’uomo ed al modo di natura, non diciamo poi dei loro aspetti trascendenti, che pretende di destinare al nulla. Forma radicata in una naturalità e spontaneità fallaci, dopo i suoi momentanei inizi bellicosi, quasi a confermare un andamento che ha una sua sorta di naturalità ingannevole ed invertita, come sarà peraltro per il suo stesso esito, quello appunto della mera dissoluzione larvale ed infera, del non essere puro, ad uno almeno dei suoi due livelli, informandosi agli assunti massonici ed infernali che la ispirano, essendo questi antichi, se non originali, rifacentisi al diniego iniziale di Satana di sottomettersi all’Uomo Perfetto.

Dicevamo dunque, da un lato scaturigine divina invertita, conformemente all’inversione discendente dei livelli dell’essere, alla loro successione dissolutiva dopo il mondo liminale incoativo, ma anch’essa derivata da ultimo dalla trascendenza, quindi anch’essa a suo modo, sia pure in una maniera affatto larvale, come già dicevamo, radicata nell’essere trascendente, con una sua funzione attuativa in un senso invertito e dissolutivo per l’intelligenza dell’uomo ordinario, incapace di coglierla altrimenti.

Seppure nel suo radicamento trascendete per chi abbia un’intelligenza radicata nella trascendenza stessa, non nei compositi corporei. Il che significherà in tutte le sue possibili scaturigini antecedenti al livello liminale ed incoativo della corporeità e della materia, vale a dire, dell’inizio del dissolversi nelle larve infere ad esso susseguenti, nel senso del loro compimento inverso, nel dominio affatto insussistente del nulla puro, che pur ne riferisce la negazione, spacciandola appunto per essere, a dispetto del suo non essere.

Intelligenza la prima la quale, rifiutando in definitiva la trascendenza, a prescindere da prese di posizioni del tutto inadeguate ed insufficienti, come di una formalità incompiuta, non sarà capace d’intenderne il procedere efficiente compiuto. Nel mentre la seconda, a rigore presenziale, sia pure realizzata o no che abbia ad essere in quanto tale, per principio, se non di fatto, ritroverà il tutto dell’esistenza, sino ai suoi estremi limiti inferiori, ma pur sempre ciascheduno nel suo valore e nella sua funzione, senza farsene ingannare dalla speciosità, ma riconoscendone in ogni caso il rango esistenziale. Sarà questa peraltro la medesima questione che verrà a riproporsi nei confronti della scienza, reale o presunta tale che essa sia, vale a dire nella fattispecie, di una scienza che non sia dell’essere o dell’esistente, come invece dovrebbe, perché, come dice Parmenide, “il pensiero è pensiero dell’ente”. Quindi da un canto avremo quest’apparente indipendenza dal principio dell’essere, che sembra da un lato invalidarne, per chi vi sia radicato, dall’altro convalidarne, per chi ne rifiuti invece il radicamento, le pretese.

Dall’altro canto di contro, avremo quella compagine immane della quale poc’anzi, che in effetti sembrerebbe, almeno all’apparenza, farne a pugni con l’inconsistenza esistenziale, almeno per chi non sappia ravvisarne la natura autentica. Entrambi questi due elementi riportano il nostro argomento alla sua precedente discussione sull’infallibilità, date le pretese spropositate di quello che è l’essere apparente, il quale si pretenderebbe non radicato nell’essere trascendente, in ragione della sua suddetta consistenza meramente risolutiva.

E bisogna qui distinguere, a questo medesimo riguardo, due aspetti. Uno sarà quello dell’inconculcabilità e dell’irrefutabilità invocato a surrogato da autenticità esistenziale e d’autorità indiscutibile, tale da rendere quel costrutto immane e mostruoso alcunché d’innegabile e d’irrecusabile, in modo da farne inevitabile l’accettazione da parte dei più, in una maniera o nell’altra, con ardore voglioso, oppure di malavoglia che sia, o anche, in certi casi, con le buone o con le cattive, in attesa di altri illuminati provvedimenti. Questa pretesa e presunta realtà, ci si verrà a dire, sarà pur sempre irrefutabile nella sua immanità. Il che sarà corretto solamente, per dirlo con locuzione scolastica, per chi abbia ad intenderla in senso diviso, rifiutandone in un modo o nell’altro, anche di fatto, se non anche di principio, o la trascendenza, scaturigine sua inevitabile, oppure la dissoluzione, suo termine certo e fisso di principio transeunte, oppure anche, il che sarà equivalente, l’antecedenza o conseguenza a questo nostro medesimo livello d’esistenza creata.

Nel senso che si tratterà di un livello d’esistenza affatto limitato nei confronti della superiorità trascendente, se i livelli antecedenti di quella verranno ad essere più ampi ed inclusivi dei livelli susseguenti di questa. Senza peraltro qui volerne per adesso discutere minutamente la questione dell’esistenza contro i vari negatori, vale a dire, contro tutti quelli che accettano in definitiva il solo livello materiale, in varie maniere, in un modo oppure nell’altro, siccome già prima dicevamo, tenendo la trascendenza stessa in non cale.

Basterà qui osservare, che ogni rifiuto, invece d’essere gratuito, andrà motivato, laonde pretendere per partito preso, che non esitano livelli superiori più ampi ed inclusivi, un più dell’essere, sarà del tutto fuori luogo. Non soltanto, ma non farà che porre un oggetto di negazione, se questo non sarà un nulla, il che sarebbe affatto assurdo, facendo dell’antecedente un infinito, in virtù della sua mancanza di limitazione, così come del pari pretendere inesistente un livello inferiore, per il suo difetto d’essere così riconosciuto.

Del pari sarà per quel che concerne il negare un livello ulteriore o posteriore dell’essere, la qual cosa peraltro avverrà assai più raramente. Ora per questi ultimi, la loro ampiezza sarà esistenzialmente variabile, ma in ogni caso verrà ad essere più o meno limitata, laonde rifiutarne la maggiore o minore possibile estensione dell’essere sarà affatto gratuito ed impossibile, riferendocisi qui al caso di prima, per cui si avrebbe altrimenti un nulla che renderebbe illimitato l’antecedente, com’è invece innegabile che non debba invece essere.

Laonde escludendo il caso della minore estensione, che l’antecedente inevitabilmente dovrà includere in sé, sia pure in una guisa incoativa e potenziale, non di per sé stessa, resterà quella della maggiore realtà, sia antecedente che conseguente, non considerando qui il caso dei livelli inferiori, larvali ed inferi, per i quali a rigore non si avrà essere, ma non essere, sia pur partecipe di quello in una guisa affatto inferiore, che produrrà limite dell’antecedente, e nondimeno non sarà in esso incluso partitivamente, come prima.

Quello che dunque risulterà evidente da questa breve disamina, a tutto danno d’increduli e negatori, sarà che il nostro presente livello d’esistenza verrà ad essere preceduto e seguito, al suo stesso livello dell’essere, come a quelli superiori innanzitutto, da esistenze che lo travalicheranno o no per ampiezza ed inclusione esistenziale, essendone i primi la scaturigine dell’essere, degli ultimi invece non variandosene invece il grado, costituendone essi dei correlati consequenziali, oppure antecedenti, ma niente affatto produttivi.

Solamente il livello inferiore sarà invece definito da un’inclusione minore, quantunque essi possano assumere una loro sembianza assai differente, dovuta alla sua mancanza di definizione come avveniva per la corporeità individua, la quale verrà ad assimilarla, per inversione ingannevole, ai livelli superiori dell’essere, ma soltanto per gli ignoranti, del tutto ignari di radicamento conoscitivo autentico, che ne prenderanno pertanto assai sul serio le pretese vane e magniloquenti, tanto da farsene soggiogare dall’inconsistenza.

Ora dunque, per ritornare alla nostra previa questione dell’infallibilità, che verrà ad essere qui in effetti un’infallibilità obiettiva, non soggettiva, vale a dire, un’ineluttabilità di realtà assunte in quanto tali, non nelle loro funzioni aggiunte, volontarie o no, l’ineluttabilità presunta e pretesa di questo nostro livello caduco e transeunte, che di tutto faceva per rendersi, dando ad intenderlo nella sua consistenza, inconculcabile ed irrefutabile, crollerà in sé stesso miseramente, quando se ne abbia a considerare la realtà, come avevamo fatto.

Nulla dunque d’inevitabile, che abbia ad imporsi di per sé stesso, il quale abbia a presentare obiettivamente, per farli valere, i suoi svariati elementi, così come la sua presunta immanità, in effetti del tutto apparente ed insussistente, siccome qualcosa che non può non essere accettata, la quale non può essere rifiutata, nel senso di metterne in discussione il valore, facendosi valere a questo medesimo proposito siccome infallibile, nel senso che non sarà dato a nessuno di rifiutare nella sua consistenza quello che con essa s’impone.

Perché anzi, confrontato non soltanto con la sua scaturigine trascendente, ma persino con la propria antecedenza e conseguenza, almeno se non con le larve dissolutive infernali, ma non nel loro sembiante ingannevole, verrà ad essere in effetti qualcosa d’insulso e di misero, del quale non sappiamo a rigore, fattone salvo il necessario susseguente attuativo e perfettivo, pur essendone consapevoli del che, quando dovrà succedergli qualcosa di addirittura inferiore, così com’è preconizzato dalle varie predizioni tradizionali.

Che ci narrano, alla fine del nostro tempo, del trionfo momentaneo ed ingannevole dell’Impostore Deforme dei Musulmani, l’Anticristo dei Cristiani, l’Abomino della Desolazione degli Ebrei, di cui Daniele e l’Apocalissi, e le varie narrazioni musulmane riferiteci dal Nunzio divino e dalla sua Famiglia. Ed anche, inteso nel suo senso più corretto, del “Tiranno”, dell’Oppressore ultimo, di cui Platone nella Politeia, come di un compimento all’inverso della regressione esistenziale, prima della sua inevitabile rettificazione.

Nel senso che gli orrori di questo nostro tempo ultimo verranno ad avere un loro livello ulteriore ed inferiore, nel loro compiersi prima di precipitare nel nulla delle larve infere, nelle “tenebre esterne” di cui Gesù, la pace su di lui, per dirla con l’Evangelo cristiano, essendo state precedute, e dovendo essere seguite, a questo nostro medesimo livello d’esistenza, da un’ascesa e da una rettificazione esistenziale, che ne rimedi alle brutture che essi avevano imposto nel loro tempo, siccome un tempo esistenzialmente a suo modo necessario.

Quello che dunque quelle realtà suddette, empie ed ingannevoli, specie nel nostro tempo, tentano di fare valere e d’imporre siccome qualcosa d’irrefutabile, ammantandosi in questo modo di una loro taccia di pretesa e presunta infallibilità, che s’impone ad ignoranti ed ingenui, sarà dunque del tutto da rifiutarsi, almeno in linea di principio. Seppure in senso lato ed improprio taluni suoi aspetti effettuali non possano essere rifiutati, essendo elementi del tutto inassimilabili ai suddetti abomini, intendendo allora in tal senso dunque la modernità, e non invece in quello delle sue storture dissolutive.

Mentre per le altre, la maggior parte, il loro inferiore contenuto d’essere farà che esse abbiano a valere per noi sì esistenzialmente, ma come veleni da trasformarsi in medicamenti ed alimenti preziosi, per dirla con un’immagine usata da Iulius Evola. Perché inoltre, sempre a suo dire, “chi cavalca la tigre non può scendere”, deve dominarla senza farsi sbranare dai suoi artigli e dalle sue zanne, in attesa che essa si sfianchi alfine, addivenendo all’esito della sua inevitabile caduta, promessaci dalle varie predizioni rivelate od ispirate.

Perché è appunto qui, in questo basso mondo giunto al suo esito estremo, che ci è stato ingiunto di vivere, questa è la nostra realtà, almeno quella effettuale, se non quella superiore e trascendente, animica e spirituale. Avendo quest’ultima modo di farsi valere per noi a questo presente livello d’esistenza, in cui, non per il quale, ci è stato dato ed imposto di vivere, dove ci è dato di pervenire ai livelli più alti del Giardino superno promesso da Iddio, Ne sia esaltato l’Essere, ai Suoi fedeli, che se Ne uniformano ai dettami.

Tanto che l’efficienza del nostro aspetto superiore dell’essere, a differenza di quello che avviene per tutti gli altri esseri del nostro medesimo livello d’esistenza, abbia per noi a farsi valere, con un’intelligenza quanto più possibile trascendente, in verso presenziale, non consequenziale, non riducendoci a mere “seconde intenzioni”, come dicono gli scolastici, da astrarre mentalmente da questo nostro basso mondo, non quelle alle quali ascendere a modo del denudamento che abbia a renderle scevre dai loro limiti.

Questo sarà il nostro rifiuto, e nel contempo la nostra vita di confronto, il che ci faccia comprendere, che quella che abbiamo davanti non è affatto l’unica realtà, vale a dire, realtà infallibile nella sua inevitabilità, tanto da doverne accettare le varie magagne corporee e sottili, ovverosia quelle innovazioni che tentano di farsi valere contro quello che ci viene espressamente da Iddio, eccelsa Ne sia la Menzione, per il tramite dei livelli superiori dell’essere, a prescindere dalle Sue varie ulteriori mediazioni effettuali.

Perché dicevamo, che qui ci troveremo di fronte al tentativo perverso di sostituire la Rivelazione con un suo succedaneo affatto specioso ed in definitiva inconsistente, il quale si sovrappone alle varie corporeità o violente o suadenti di questo nostro basso mondo, facendo credere o di essere perfetto, o che la perfezione non esiterebbe di per sé stessa, ma andrebbe invece costruita di volta in volta, a seconda delle esigenze di fatto, annesse alla natura inferiore umana, tanto da promuoverne tutte quante le magagne.

Anche se poi in sostanza la perfezione verrà ad essere una sorta di orizzonte non attuato e non attuabile, il quale nondimeno giustifichi le pretese di quello che verrà così a ridursi ad un vario oscillare. Sarà questa in definitiva la natura autentica delle leggi moderne e contemporanee, a dispetto delle loro vane pretese, con tanto di presunto “stato di diritto” al quale la fanno da fondamento, e di conseguenti ingannevoli “diritti umani”, entrambi ineludibili e irrefutabili, così come le prime, ad onta della loro riconoscibile inconsistenza.

Quello che è rimarchevole a questo medesimo proposito, è che in questi casi ci troviamo di fronte ad un’origine affatto spuria, nel senso che, siccome già dicevamo poc’anzi, all’origine di quello che dicevamo un vario oscillare nel cospetto di un orizzonte inattuato ed inattuabile, vi saranno in effetti delle inconsistenze esistenziali produttive di altre inconsistenze esistenziali, apparenti come i loro individui inani, questo a prescindere da quella che ne era stata ravvisata siccome l’origine autentica, quella dei livelli superiori dell’essere.

Vale la pena, a questo stesso riguardo osservare, com’è che i parlamenti non siano a rigore delle novità, avendo dei precedenti vari, anche per quello che concerne il dominio della Rivelazione divina. È quella che viene detta dal Sacro Corano la “šūrā”, la “consultazione”, che Iddio, sia magnificato ed esaltato, prescrive persino ai Nunzi divini, così come ai loro retti seguaci, XLII, 38, III, 159, sia pure diffidandoli espressamente dal fare riferimento alla volontà delle maggioranze, la cosiddetta “volontà popolare”, VI, 116, fonte di traviamento.

Solamente che in questi casi, come dicevamo già altrove, ci ritroviamo dinnanzi ad un’origine certa, niente affatto spuria, esistenzialmente superiore, vale a dire, a quella trascendente, che compendia in sé a vari gradi i livelli inferiori dell’essere, a procedere dalla loro inclusione superna, dall’Uomo Perfetto siccome prima scaturigine divina, com’è che appunto recita Ibn Arabia a proposito di Muhammad, benedica Iddio lui e la sua Famiglia immacolata, che a rigore li compendia costituendone il destino e la norma.

Il cui volere, volere qui di persona, non d’individuo astratto, sarà dunque anche quello delle singole persone subordinate e della compagine sociale in quello incluse, rivolgersi alle quali significherà esplicitarne la trascendenza, quindi volere e fare quello che egli, il trascendente perfetto, vuole che si faccia. Questo nei casi di corrispondenza, non certo in quelli di tralignamento e ribellione dell’individuo che si assume e viene assunto di per sé stesso, a prescinderne dalla superiore scaturigine, che pur sussiste velleitariamente rifiutata.

Il che porterà a gravissime conseguenze, a surrogati spuri, privi di conformità effettuale e superna, della dignità superiore che viene a perdersi apparentemente, privata che essa sia velleitariamente di eredi legittimi e degni successori, tanto da sostituirgli un che d’inautentico, spurio, ed arbitrario, la cui sola negazione larvale verrà a fare riferimento alla trascendente scaturigine, con una serie di strumenti a ciò atti, nella guisa di “volontà popolari” facenti da succedanee ad ogni legittimazione trascendente.

È quello che fu in definitiva la Saqīfah che succedette al trapasso del Nunzio divino con la sua autorità, sono i dinieghi prima ed i tradimenti poi compiuti dalla gente di Kufa, saranno poi non i parlamenti sottoposti e funzioni di una regalità legittima, ma quelli invece che se ne sovrapposero al tralignamento dando luogo ad un tralignamento ulteriore, degli usurpatori e degli oppressori senza nessuna legge, nell’uno e nell’altro caso, che si arrogarono il diritto di governare le varie comunità, facendone invece scempio.

Degli indipendenti nella pretesa vana di fare da sé, fatta salva una vaga legittimazione formale, sostituitisi ai pastori legittimi divenuti lupi, dei quali ci dice Platone nella Politeia, come adunanza di sciacalli. È il senato romano resosi, da consesso di re sottoposto ad una legge trascendente, spelonca di ladri e profittatori, tale da suscitare la brutale reazione popolare, rendendo necessaria così una rettifica sovrana trascendente, che fu purtroppo discontinua e temporanea, dando seguito anch’essa a lupi oppressori e profittatori.

Donde si addiverrà all’orrore dei parlamenti moderni, congrega insulsa e pretenziosa d’ignoranti, di arroganti, e di stupidi, nella loro pretesa di stabilire una legge, la quale a rigore dovrebbe essere solamente trascendente, che a rigore essi dovrebbero soltanto riconoscere per poi applicarla, non inventandosela di sana pianta. Come anche nei casi della presenza di una funzione direttiva regale legittima, come fu alle origini di Roma, e non solo, e come fu, almeno in parte e di diritto, prima dell’immondo tralignamento moderno.

Ma questa legge, siccome dicevamo prima, la quale pretende di originarsi da un’insussistenza esistenziale, a rigore finirà con lo sprofondare, come avviene appunto ai nostri giorni, in quell’insussistenza larvale ed infera a cui quella prima si riduce, che lo sappia o no, che lo voglia espressamente oppure no, riconducendovisi a guisa di sua necessità esistenziale effettiva, invertendo dunque illusoriamente e velleitariamente l’ordine esistenziale e produttivo dei vari livelli dell’essere, tanto da farne un principio ingannevole.

Laonde potremo ben dire che, se la legge tradizionale era funzione della trascendenza, a procedere dall’Uomo Perfetto, a sua volta scaturigine prima della Volontà Divina, queste saranno invece per parte loro tali sì, ma per inversione infera, nel senso che soltanto per suo tramite e delle sue larve insussistenti verranno a ricondursi, per mera negazione dell’essere dicevamo, alla loro autentica scaturigine, quella divina, a cui si riconducono dunque ancora per mediazione, ma questa volta invertita in senso dissolutivo e negativo.

Ora se siffatta sarà la natura di quelle leggi fallaci ed ingannevoli, la medesima sarà allora anche, com’è che già prima accennavamo, quella delle immani compagini corporee, non solamente di quelle immaginali, le quali a questa insussistenza e dissoluzione faranno ancora capo.

Ora dicevamo, che entrambe pretenderanno d’imporsi alla natura umana facendola da infallibili, in senso almeno effettuale obiettivo, se non soggettivo ed individuale, siccome inversione caricaturale della persona, trascendente oppure no che essa sia.

Solo che si tratterà qui di un’infallibilità, se non spuria in quel senso, almeno derivata, sotto il riguardo che qui ci troviamo al cospetto di realtà, non di persone o di facsimili individuali invertiti, com’era per la falsa intelligenza di un Mu’awiya, che Iddio lo maledica. Nel senso che una loro realtà verrà pur sempre ad essere irrefutabile, e nel caso liminale normativo, ed in quello in cui non ce la si sentirà di dire loro di no, o di fatto, oppure per principio, venendo in questa guisa appunto a definirsi una sorta differente d’infallibilità.

Quindi avremo da un lato le leggi morderne e contemporanee, nella loro normativa presunta irrefutabile, per consapevoli che se ne possa essere del limite, come della loro mancata attuazione, com’è che sosteneva Popper per la pretesa ricerca scientifica, suscettibile doverosamente di una pretesa “ricerca indefinita”, che faccia necessariamente del tutto a meno di qualsivoglia ascesa attuativa, che faccia anzi a rigore della sua natura falsificabile la garanzia della sua stessa realtà, con un’evidente petizione di principio.

Che procedendo dai mondi inferiori larvali, non pervenga alla fine se non ad un’insussistenza la quale abbia, in individui come Popper, a riconoscersi per tale, per quanto costoro possano poi anche finire con l’accettare, in modo simile a quello di Kant, contrariamente a Wittemgstein, degli assunti non meramente esperienziali, che non saranno a rigore se non il sostrato sotteso a quelle falsificabilità, così come in generale la materia non è sottoposta a nessuna percezione, nella sua funzione meramente liminale, incoativa, e dissolutiva.

Dunque le leggi moderne non sono, com’è stato detto correttamente, anche se nel senso perverso di una loro accettazione ed attestato di valore, se non come delle macchine, che vadano all’occasione riparate, semmai inoltre infinitamente perfezionate, nel loro girarsene in definitiva a vuoto, questa essendone la garanzia presunta della pretesa infallibilità. Facendo con ciò riferimento ai suddetti orizzonti indefiniti e larvali, che la fanno da termine infero della loro dissoluzione finale, a cui andranno nondimeno inevitabilmente incontro.

Nella medesima guisa in cui i marchingegni moderni, sollucchero di stupidi, ignoranti, ed ingenui, non di chi ne faccia un uso strumentale corretto, sempre possibile nel verso di una loro subordinazione alla trascendenza ed ai suoi fini, possibile a prescindere dalla loro funzione dissolutiva infera, saranno irrefutabili nel senso del loro preteso progresso, in realtà regresso verso l’Inferno, il che conferisce loro una sorta d’infallibilità di terzo grado, successiva a quella di secondo grado della sussistenza individua con le sue pretese.

Osserviamo qui dunque un fatto assai interessante, vale a dire, com’è che quella medesima infallibilità, nella sua pretesa smodata, faccia poi in effetti capolino, nelle sue guise svariate, dalla compagine esistenziale moderna e contemporanea, così dalle sue leggi, come dai suoi molteplici artifici più o meno vani, tanto da imporsi alla fin fine in una maniera apparentemente irrefutabile, che lo si capisca oppure no, per chi non abbia più occhi per vedere, oppure ricusi di farlo, rinunziando entrambi di fatto alla loro intelligenza.

Sarà dunque da tutta quella serie di molteplici infallibilità surrettizie, succedanee e surrogati inautentici di quelle superiori d’ordine trascendente, che siamo qui circondati, in questo luogo ed in questo frangente, sia che ce ne rendiamo conto, sia che non ce ne accorgiamo affatto. La qual cosa ci porterà il più delle volte ad accettarle senza averne nessun discernimento, senza chiederci nulla della loro origine autentica e profonda, della loro funzione, e del loro destino, per loro stesse, così come per noi che le subiamo.

Perché per quest’ultimo, sarà presto detto a che cosa faccia capo in realtà: a quella riduzione all’assurdo, a quella risoluzione larvale della quale avevamo già detto in precedenza, nel senso che quelle leggi ingannevoli, quegli artifici vani, quelle forme artefatte sovrapposte a quelle di natura, non fanno che fungere de segni premonitori efficienti di quelle larve infere, le quali pretenderanno alla fine, velleitariamente e momentaneamente, di farla da padrone, imponendosi il loro ordine invertito all’ordine originale di questo mondo.

Preludendo così al dominio caduco di quell’Impostore deforme, che precederà di poco, a questo nostro medesimo livello dell’esistenza, l’Atteso Ben Guidato, il Vicario Ultimo d’Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, e della Famiglia benedetta del Suo Nunzio, impostore che a quel mondo palesemente si volgerà, volgendosene il tutto, momentaneo ed inane, presto destinato a cadere, nella sua medesima insussistenza, per fare luogo al trionfo di quell’essere compiuto, di cui sarà pur sempre scaturigine, seppure inane.

Avevamo qui aggiunto un altro elemento, quello della deformazione e sfiguramento delle realtà naturali, un tempo sicuro recesso da ogni ulteriore degenerazione, oggi o rese irriconoscibili, oppure annientate da una brama distruttiva senza precedenti. Quella che fu dunque una sorta d’infallibilità per riflesso delle realtà naturali, maschere e segni privilegiati d’Iddio, Ne sia esaltato l’Essere, ben poco conserva di sé, sottoposta com’è ad ogni intrusione nefasta, che la rende irriconoscibile, ed alfine sovente insussistente.

Montagne, foreste, deserti, che furono in passato ricetto sicuro di Santi e Nunzi divini, vanno sempre più perdendosi, tanto che è divenuto quasi impossibile ritrovare in esse quel sollievo e quell’ispirazione, che assicuravano la successiva funzione divina. Nulla più di tutto questo, solamente un’informe poltiglia, dalla quale s’ergono i marchingegni vari delle modernità, a sezionarla, esaminarla, e sfruttarla, senza più capirne della scaturigine, anzi negandone la qualifica di segni attuativi e prodotti della trascendenza.

Ma è ad un ulteriore elemento assai importante che intendiamo fare qui riferimento, foriero di un’ulteriore infallibilità di rimando ed apparente, ed è quello della “scienza”, vale a dire, di quella moderna e contemporanea. È da quando l’Occidente, alla fine del nostro Evo Medio, staccandosi dal riferimento divino effettuale ed operativo, si suicidò nella materia, che cominciò anche a fare capolino e ad accrescersi, per ispirarne l’ulteriore successivo tralignamento, la scienza moderna, con tutte le sue pretese altezzose.

Tanto da proporsi come l’unica scienza, prima con riguardo a quelle di natura, poi a tutte quante, al più con dei precedenti informi in quelle che l’avevano preceduta. La sua pretesa di generalità, di proposito non diciamo qui “universalità”, e di validità complessiva si fece presto avanti, a mettere da parte tutto il resto, o del tutto privo di validità, od informe antecedente, come or ora dicevamo, tanto da giungere ad arrogarsi alfine la pretesa assurda di unica conoscenza valida, quantunque ristretta al solo dominio sensibile.

Che essa fosse preceduta da forme aristoteliche premoderne, ne rese più facile il gioco: da una parte la riduzione della realtà direttamente inquisibile al dominio della natura corporea, già evidente in Aristotele con il suo “sinolo”, il tutto corporeo completo che pretendeva, almeno sotto un certo riguardo, di fare a meno della trascendenza. Pretesa peraltro in seguito attenuata dalla scoperta del principio del movimento come “pensiero di pensiero”, ma non nel prospetto conoscitivo realizzativo, ed in quello effettivo.

Quindi le procedure discorsive astratte, la cosiddetta “logica”, appunto la scienza “del discorso, dove “logos”, il “verbo”, com’è appunto “logos”, viene ridotto a “dianoia”, nel senso discorso”, “argomentazione”, che si riduce in vario modo ad un coacervo aggettivale, il quale prescinde del tutto dalla conoscenza unitiva platonica, fonte e destino del mondo, in particolare, principio e fine della conoscenza umana. Astrazione peraltro difficilmente ritrovabile e ravvisabile in quelle che sono le procedure di fatto del discorrere.

Quindi la riduzione arbitraria di tutto il pensiero precedente ad una informe materialità, con la completa incomprensione ed addirittura la condanna di Parmenide, al quale si attribuiva arbitrariamente, senza per nulla capirlo, la presunta accettazione di un corporeità a sé stante, o come gli elementi dei Sapienti di Mileto, negati nella loro dimensione trascendente e sottile, e ridotti a mera corporeità. Il tutto accompagnato da un insieme di argomenti speciosi, privi della ragione sufficiente della trascendenza unitiva originale e finale.

La cosa finirà a dire il vero presto, se confrontata con la durata longeva della corrente platonica, per venire riassunta nell’ambito dell’Islam da Avicenna, ma in una guisa nella quale lo stesso Aristotele non si sarebbe più riconosciuto. Tanto da emigrare in Occidente, ricostituendovelo a suo modo, in una maniera composita nella quale l’apparato esterno aristotelico veniva in definitiva corretto dalla superiore sopraordinata sapienza platonica, dando luogo alla scolastica, con la sua dottrina della mente divina latrice esclusiva dei modelli trascendenti.

A tutto questo si aggiunga anche il fatto, che anche nel mondo dell’Islam, circostanza alquanto deleteria per quelli che saranno gli sviluppi successivi, come afferma Seyyed Muhammad Khamenei, fratello della Guida dei Musulmani, venne attribuita ad Aristotele tutta una parte delle Enneadi di Platino, la cosiddetta “Uŧūlūjīā” in arabo, la pretesa Teologia” di Aristotele, citata da Molla Sadra, e fin di recente dall’Imam Khomeini, tanto che questi venne trasfigurato, anche nella conoscenza dei Musulmani, dalla superiore sapienza platonica.

Le cose comunque andarono avanti in Occidente, da Scoto Eriugena, sino ai fastigi di Tommaso d’Aquino e di Duns Scoto, senza riuscire a liberarsi di quell’invadente soprastruttura. Ma il fatto è che, nel mentre in Oriente, vale a dire nel mondo islamico, la dottrina aristotelica veniva così trasfigurata, al contrario in Occidente era la dottrina platonica a venire celata da quell’involucro appariscente ed ingombrante, senza che però, come dicevamo, ne venisse in definita alterata quella che noi ne ravvisavano come la natura platonica intima.

Fatto salvo il fatto che colà la tradizione sapienziale, sotto il riguardo dottrinale e sotto quello operativo, che ebbe i suoi sommi rappresentanti in Ibn Arabi prima, ed in Molla Sadra dopo, rimase pur sempre apertamente legata, nella fattispecie con quest’ultimo, al dominio argomentativo. Mentre in Occidente, come dicevamo, l’apparato aristotelico la fece da scomodo involucro, che avrebbe dapprima limitato, venendo poi a farla addirittura d’impedimento, al dominio sapienziale, che se ne andò per la sua via, per perdersi alfine.

Così come Paolo di Tarso, sostituendo in definitiva la legge mosaica con il diritto romano, nonostante l’origine divina anche di quest’ultimo rivendicata ad esempio da Cicerone, avrebbe creato un composito la cui unità non era affatto palese. Come non era tale neppure per i seguaci di Omar, conculcatori dei diritti spirituali e temporali superiori della Famiglia immacolata del Nunzio divino, i quali finivano dunque con separare dalla loro unità vivente il dominio temporale, quello giuridico, e quello sapienziale.

Tanto che nell’uno e nell’altro caso, con la Rivoluzione Francese per il primo, con la Prima Guerra mondiale per il secondo, venuti a mancare il diritto divino dei Re ed il califfato omarico, in assenza di un’unità trascendente e perspicua, com’era invece nel caso dei Figli del Nunzio divino, l’uno e l’altro, l’Occidente papale e l’Oriente omarico, vennero col perdere la garanzia del diritto divino unitario, vale a dire, il potere temporale di scaturigine divina, dall’autorità spirituale, non più ricongiungibili umanamente.

A nulla valendo in sostanza il residuo pontificio, lasciato in definitiva a sé stesso contro i poteri secolari, a farsi valere di volta in volta contro i vari Principi, Presidenti, e parlamenti conculcatori. Quello che dunque dicevamo prima, è che quell’involucro, opponendosi e conculcando, veniva da altra parte a dare luogo ad una scienza della natura abbandonata a sé stessa, prettamente aristotelica, fondata in definitiva sul “sinolo”, ovverosia sul composto corporale, sulla pretesa e presunta primalità della sua natura inferiore.

Finendo le superiori primalità confinate a farla da origine di un moto meramente corporeo, sia pure recuperate nella loro trascendenza negli attributi dell’Intelligenza Divina. Ma senza che ad ogni modo in quest’ultimo caso l’unità profonda venisse a prevalere sulle pretese individuali inferiori sottoposte, tanto che quest’ultime verranno a farla in effetti da allora da padrone, ispirando così quella che sarebbe stata la successiva scienza della natura, la “fisica”, che dovrebbe essere a rigore, per il suddetto vocabolo greco, scienza del mondo della generazione sottoposto a quello immutabile.

Dal che sarebbero venuti un cielo prettamente corporeo, del tutto dimentico sua natura primaria di segno divino e della sua scaturigine superna, così come una terra ridotta ad un corpo informe, non più stato dell’essere. Con una propensione a spiegare le cose inferiori non più con la trascendenza, ridotta oramai alla sentimentalità degli amori delle corti rinascimentali, ma di per sé stesse, con una serie di causalità inautentiche, nella dimenticanza del principio fondamentale per cui la causalità potrà darsi, di livello in livello esistenziale, solamente mercé di una trascendenza d’essere, non altrimenti.

Laonde Galileo prima, Newton poi, a dispetto il primo della sua ferma fede cattolica, il secondo della sua simulazione tutta anglosassone, che lo portava ad inchinarsi di fronte al nome di quell’Iddio, Ne sia magnificato l’Essere, del quale negava di fatto l’efficienza, com’era anche evidente nelle astrazioni meccaniche di un Cartesio, entrambi avranno così buon gioco nelle loro bravate insulse. Vale a dire, nel far valere una scienza pretesa “nuova”, in realtà antica come l’inferno, anche se non certamente originale, come la negazione diabolica della preminenza esistenziale dell’Uomo Perfetto.

Scienza la quale pretenderebbe di vedere il cielo, vale a dire il dominio trascendente la corporeità, al di là della sua natura di significazione attuativa, con un cannocchiale. Così come parimenti, oggigiorno gli scienziati americani pretenderebbero di assistere alla creazione del mondo solo andandosene indietro con i pretesi anni luce di corpi intravisti sempre con un cannocchiale. Attribuendo alla terra un movimento locale, ridotta che sia a mero corpo, non più stato dell’essere, per il quale il movimento avrebbe invece luogo solamente nel senso dell’essenzialità, com’era invece per Molla Sadra.

Credendo nelle cause corporee, di per sé stesse affatto inesistenti, nello spazio vuoto, insussistente supposito del nulla al nostro livello d’esistenza, nelle particole puntiforme negate anche dallo stesso Aristotele, con un’inintelligibilità di fondo nella natura di massa e forza, estrapolate dalle nozioni originali ed intuitive di spazio, tempo, velocità, ed accelerazione, quindi la nozione del tutto immaginaria di limite, sulla quale creare un apparato immane di calcolo fondato in definitiva sul nulla, e così via dicendo.

Tanto che lo stesso Hegel, nella sua Enciclopedia delle Scienze Filosofiche, a dispetto del suo errore di derivazione dell’essere dal nulla, che portava in definitiva ai medesimi risultati, aveva ben ragione di rimproverare a Newton le sue pretese numeriche, le sue formule del tutto insussistenti e fuori luogo, dato che suo compito sarebbe stato semplicemente quello di prendere atto delle leggi di Keplero, per valide che esse potessero essere, senza procedere ad ulteriori elucubrazioni numeriche, del tutto fuori luogo ed assolutamente fuorvianti.

In quanto sostituivano alla perspicuità qualitativa dell’intelligenza, nel verso del denudamento dai limiti corporei, una mera astrazione insussistente di per sé stessa, a dire degli scolastici e dello stesso Aristotele, facenti parte delle “secunde intentiones”, non rilevate come le prime, ma finte dalla mente. Sulla scorta di quelli che in definitiva erano stati gli assunti dello stesso Galileo, che confondeva i due concetti, facendo del numero astratto, non della trascendenza, la scaturigine del mondo, sulla scorta di un’interpretazione errata di Aristotele, nella sua metafisica, delle dottrine di Pitagora.

Per non dire del resto ad esempio della medicina e della “biologia”, con le loro pretese di corporeità pura e semplice, di stampo tutto darwiniano antecedente o successivo, che non tiene conto del fatto, che un cadavere, uno degli oggetti preferiti delle loro ricerche, sarà solamente simile, per mero equivoco, ad un corpo animato, come affermano Tommaso d’Aquino e Molla Sadra, in definitiva nella negazione kantiana dell’anima, fondata sulla limitazione dei livelli della conoscenza, con la completa incomprensione dei suoi gradi superiori.

Con la qual cosa si giungeva alfine a farla finita con l’anima, almeno nel suo ufficio esistenziale operativo. Così come Cartesio l’aveva fatta finita per parte sua, a suo modo, almeno sotto il riguardo operativo, con Iddio Stesso, eccelsa Ne sia la lode, riducendolo ad un semplice orologiaio, a mero principio di movimento, non sempre in una nuova opera, non sempre operante, ma solamente all’inizio, contrariamente a quello che era invece per lo stesso Aristotele, aprendo così la via alle negazioni ulteriori, o corroborando quelle anteriori, ad esempio quelle a lui antecedenti del Protestantesimo.

Tanto che i soliti, presunti e pretesi scienziati americani, giungeranno ad inventarsi alla fine nel cervello umano un “gene d’Iddio”, sublime Ne sia il nome, similmente alla ghiandola pineale, sede dell’anima per il solito Cartesio, eliminando il quale la si farebbe finita una volta per tutte, a loro modestissimo avviso, con la religione, almeno quella dagli aspetti indesiderati per loro, in particolare con il retto Islam della Famiglia immacolata del Nunzio divino, non con calvinisti, wahabiti, salafiti, e Papa Francesco.

Nell’Oriente musulmano al contrario, sia pure nei fastigi, tra gli altri, di Sohravardi, Avicenna, Molla Sadra ed Ibn Arabi, sia pure quest’ultimo per il dominio eminente contemplativo, invece che per quello argomentativo, com’era anche invece per gli altri quivi citati, ci si adagerà felicemente nella trascendenza, alla ricerca di una via ad essa ascendente nel senso della conoscenza eminente presenziale, sia sotto il riguardo dottrinale, sia sotto quello operativo del perfezionamento umano che mena alla prossimità divina.

Lasciando invece alquanto in non cale quelle discipline inferiori, sia pure esistenti di fatto e di diritto, che alla fine dovranno cedere, mercé di una loro certa ingenuità, a dispetto della loro superiorità di fondo, come dice Guenon, all’aggressione proterva di quelle occidentali moderne, con tutte le loro pretese esaustive, e con tutti i loro risultati appariscenti. Sia pure per nulla significativi, perché nessuna costruzione artificiale, sia pure apparentemente esilarante ed immane, potrà mai farla da surrogato alla realtà stessa, ed alla via che ad essa conduce, vale a dire, alla salvezza ed all’ascesa perfettiva dell’uomo.

Come avvenne in particolare per la medicina, detta significativamente “yunanī”, ovverosia “ellenica”, la quale, a dispetto dei suoi risultati brillanti, venne sottoposta in Iran, ai tempi dell’usurpatore Reza Cesta d’Asino, poi Pahlavi, ad una forsennata propaganda denigratoria, come riferisce lo stesso Imam Khomeini. Lacuna messa in evidenza di recente dalla stessa Guida dei Musulmani, Ayatollah Khamenei, che avrebbe portato alle conseguenze più incresciose, a tutto vantaggio di un Occidente suicidatosi senza scrupoli nella materia, che avrebbe fatto di tutto per imporre i suoi principi e la sua realtà inautentica.

Tanto che ancora oggi, anche dopo la vittoria della Rivoluzione Islamica, si pone in Iran la questione impellente del ricostituirsi di una “scienza islamica”, vale a dire, di qualcosa che parta da principi autentici, non ingannevoli, com’è per l’Occidente americanocentrico, a prescindere dai suoi successi apparenti ed appariscenti, perché tutto parte dai principi, com’è stato osservato correttamente da un acuto studioso iraniano, essendo da quelli, non da risultati più o meno appariscenti, che la scienza andrà giudicata. Il fatto è che, in primo luogo, siamo stati testimoni di una scissione quasi completa tra il dominio operativo, e quello appunto dei principi, come non è per le scienze supraordinate di Tommaso d’Aquino, riprese dalle acquisizioni trascendenti di Molla Sadra, essendo soltanto quelle, come appunto dicevamo, a decidere di realtà e superiorità. Contrariamente a quello che reputava un autore e pensatore sia pure illustre come Giovanbattista Vico, che giunge ad esaltare l’induzione, attribuendola scorrettamente a Socrate e Platone.

Tanto più che ci troviamo oggidì di fronte ad un fatto increscioso, al disconoscimento che la conoscenza è a rigore conoscenza dell’essere, non del non essere, il che non avrebbe nessun senso, come affermava Parmenide, ripreso da Platone e Plotino. La qual cosa significherà, che ci troveremo al cospetto della trascendenza suprema, dove la conoscenza stessa viene completamente risolta, a quelle inferiori per cui vale, per la ragione suddetta, il principio sadriano e platonico dell’identità tra la conoscenza ed il conosciuto.

Tanto che ai livelli inferiori dell’essere ci troveremo dunque dinnanzi ai due archi dell’ascesa e della discesa esistenziale, solamente in rapporto ai quali avrà senso la conoscenza stessa, nel suo riflesso suddetto d’essere che le s’identifica. Ora laddove questa stessa abbia a trovarsi al cospetto di negazioni, il suo conoscere sarà in primo luogo subordinato, dato che non si debba avere né un non essere, né tanto meno una sua conoscenza, a prescindere dalla realtà negata, da quella realtà dunque dovendo derivare inevitabilmente.

Nel caso invece in cui la conoscenza abbia come a precipitare in una sorta di vuoto, per aver a che fare con enti che non avrebbero, per sua mera pretesa, nessun rapporto con la loro scaturigine, il che varrà per la negazioni e le dissoluzioni, di là dalle astrazioni indebite, essa verrà a negarsi, verrà a negare il suo statuto esistenziale, che la mette in rapporto ai segni d’Iddio, sia magnificato ed esaltato, ed all’attuarsi della Sua via ascendente. Tanto da ridursi a quell’intelligenza fallace ed ingannevole che l’Imam Sadeq, la pace su di lui, rimproverava a Mu’awiya, che Iddio Altissimo lo maledica e lo sprofondi.

Vale a dire, che essa si ridurrà ad una contraffazione infera simile all’intelligenza, per la corrispondenza assimilativa dei livelli dell’essere, anche di quelli infimi, ma che non sarà più affatto l’intelligenza. Questo, a nostro modesto avviso, verrà ad essere lo statuto fondamentale delle pretese scienze moderne e contemporanee, né c’interessa qui sapere che i suoi scienziati dicano di credere in Iddio, Ne sia esaltata la menzione, dovendo essere il loro credere operativo, non riducendosi ad un principio a sé stante, il quale dia un senso agli oggetti delle loro indagini con tutte le loro pretese speciose.

Né qui poi deve interessare che quegli oggetti debbano essere in ogni caso scaturigini della trascendenza divina, in essa avendo la loro realtà ultima ed originale. Se la scienza, in questo modo, verrà a ridursi inevitabilmente o ad immaginazioni, oppure ad autentici errori, questi secondi per mera negazione, i primi invece per un loro assunto almeno parziale, ma pur sempre travisato, indipendentemente da quelli che verranno a restare gli oggetti reali, i quali se ne andranno per la loro via senza minimamente curarsene.

Dando dunque luogo in questo modo a quella che in definitiva viene ad essere anch’essa una “realtà di sogno”, per tutto quello che dicevamo, a dispetto delle sue appariscenze ed immanità, perché le immaginazioni suddette avranno modo di produrre qualcosa di a suo modo reale, il cui radicamento nell’essere viene ad avere due aspetti, uno diretto, pur sempre inevitabile, l’altro per un intermediario, per via della suddetta negazione della trascendenza, a suo modo limitatamente sussistente, sia pure in quanto tale.

Nulla dunque di cui meravigliarsi in tutto questo, venendo ad essere siffatto lo statuto di natura della scienza moderna e contemporanea, in ragione ed a dispetto della sua consistenza esistenziale minima. In questo modo verrà ad essere affatto evidente, quanto abbiano ad essere fuori luogo tutte quelle pretese svariate d’infallibilità ed indiscutibilità, le quali le vengono apposte, per ricondurci ancora al nostro previo discorso: la scienza stessa lo dice, la cosa è affatto indiscutibile, la questione è risolta, guai a chi osi ad essa opporsi, crucifige, crucifige, con tanto di sanzioni penali, almeno in certi casi.

Tutto questo a danno di una moltitudine varia d’ingenui, d’illusi, d’ignoranti, d’imbecilli, anche che non abbiano il sia pur minimo sentore di uno qualsivoglia di questi suoi assunti, o astratti, oppure sperimentali che essi siano, sui quali si fonda il tutto. Da un alto l’induzione, condannata da Molla Sadra, che generalizza l’assimilazione condannata dall’Imam Jafar, la pace su di lui, per cui non ci si limita ad un assunto parziale con certe condizioni, e nulla più, ma invece si procede a tutto un insieme indefinito ed in parte incondizionato di assunti particolari, vale a dire, d’individui senza sussistenza messi assieme insussitentemente, com’è che prima appunto già dicevamo.

La cosa è stata provata sperimentalmente, si afferma in tali casi, senza dire minimamente dove, quando, e come, dunque essa va accettata incondizionatamente, in ogni caso, questo sarà il suo preteso e presunto potere assoluto, del resto accettato per lo più senza colpo ferire. Dall’altro canto avremo invece quelle estrapolazioni arbitrarie, le suddette “secunde intentiones”, che la faranno da tanti principi, presunti e pretesi, meramente mentali, delle effettualità, del tutto privi, ad un esame attento anche minimo, di ogni ragione sufficiente, quanto ad una loro realtà effettuale, non più mentale.

Tanto che non riusciamo a capire, che cosa abbiano a che vedere, sia per uno che sia del tutto ignaro di queste cose, sia per un uomo colto, o mezzo o falso che sia, le equazioni di Maxwell con i fatti elettrici reali, oppure quella di Schrodinger con un moto comune non infinitesimo, o gli spazi di Banach o di Hilbert con una qualsiasi quantità effettuale e concreta, di fatto od intuitiva che essa sia. Tanto da rendere vano l’assunto per cui, a dire di un’insegnante d’università ai nostri tempi, la meccanica razionale verrebbe meravigliosamente confermata da fatti concreti corporei, non si sa come e dove ottenuti.

Dato che nessuno è mai venuto a dirci da dove andrebbero presi un vettore, un tensore, una matrice, né da dove si giustifichi e come sia stata ottenuta la legge di Coulomb, né che cosa abbia a vedere il lavoro, con la conseguente “energia” con i fatti di tutti i giorni, dato che non abbia riscontro nella fatica comune di trasporto di un peso anche voluminoso. Né si riesce a capire che cosa mai sia un campo elettromagnetico, o chi ci venga a dire che cosa sia di fatto la luce, preteso campo elettromagnetico, per giunta non si comprende come in movimento, o che cosa esso abbia a mai a che fare con un qualche suo movimento.

Del tutto fuori luogo dunque, per chi abbia un minimo di discernimento e sappia farlo valere, il fatto di attribuire alla scienza, o presunta tale, una qualche infallibilità, di seconda mano e non personale, come dicevamo. Per poi estenderla persino al mondo umano individuale, non di qualcuno di quei corpi più meno inani ed equivoci fatti propri dalla medicina, o delle immaginarie visioni allucinatorie di particole inestese situate in un vuoto affatto inesistente, ma persino al dominio superiore della libertà e dell’arbitrio umano, fattolo oggetto delle proprie elucubrazioni immaginative, essendo qui che dobbiamo assistere ai fatti più ridicoli ed inverosimili.

Dominio a cui si applicano pretese leggi collettive e individuali, le cosiddette “psicologia” e “sociologia”, sempre quelle dell’individuo e dei suoi insiemi, che si pretende di far valere persino contro la Legge Rivelata, scaturigine diretta divina, tanto da invocarne gli arbitri contro le norme, con tanto di accuse di contrarietà alla scienza, ci è capitato di sentirlo dire quanto ad una pretesa “scienza criminale” contro le ingenzioni rivelate, questo indipendentemente da ogni loro abuso, quando abbiano ad essere fatte proprie da chi non ne è affatto autorizzato all’applicazione, come purtroppo avviene spesso.

Il medesimo discorso valendo ancora per tutte quante quelle realtà derivate, già lo dicevamo poc’anzi, di presunta e pretesa, in sostanza inesistente, “volontà popolare”, o di “democrazia”, più o meno liberale, con tanto di famigerati “diritti umani”, tratti dagli assunti delle congreghe immonde delle abominevoli “Nazioni Unite”, in realtà il consesso framassonico delle nazioni senza Iddio, sia magnificato ed esaltato, lasciate lì a fare mostra, al di là di qualche vano belletto, solamente dei propri abusi e dei propri crimini.

Ma tutte quante queste suddette infallibilità, delle quali dicevamo or ora, sarebbero a rigore solamente entità derivate, perché in primis l’infallibilità in senso stretto sarebbe solamente di persone, non di altro, dicendo qui di persone derivate dalla trascendenza, non d’individui da questa velleitariamente astratte. Sennonché è assai rimarchevole il fatto, che ai nostro giorni non s’invochi più un’infallibilità personale, od anche individuale, nel senso suddetto di questi due termini quanto alla trascendenza.

A prescindere da quella, ma in realtà dalla sua suddetta derivazione secondaria, e dai millantati scienziati più limitatamente, nulla che abbia lontanamente a che vedere con i sapienti autentici della promozione e perfezione umana, infallibilità dicevamo né di singoli individui né tanto meno di persone, quasi a riconoscere che in questo nostro mondo contemporaneo le seconde, del resto difficilmente reperibili, non sono tenute in nessuna considerazione. Mentre i primi neppure tentano di arrogarsi, né nessuno si sogna, tranne in rare eccezioni, di attribuire loro una tale prerogativa.

Non resterebbe a questa maniera se non da affidarsi alle realtà tradizionali, vale a dire, al dominio della Rivelazione divina, soprattutto a quelle sopravvissute e viventi, ed in questa sede, o per loro difetto, o per nostra ignoranza, ci limiteremo alla Cristianità occidentale Cattolica, a quella orientale Ortodossa, escludendo decisamente quella protestante, al mondo giudaico, ed alle due varianti dell’Islam, la cosiddetta sannita, assai impropriamente, e quella sciita dei seguaci autentici della Famiglia del Nunzio divino.

Dato che quasi nulla rimanga ai nostri tempi di una dottrina indù trasformata ed insegnata in senso del tutto tralignato dalle mene dei framassoni colonizzatori inglesi, empi e bugiardi, o di un buddismo che peraltro giammai ha celato certe sue tendenze dissolutive di religione quasi o del tutto inautentica, senza né anima né Iddio, Ne sia esaltato l’Essere, come riferisce compiaciuto in un suo libro lo Humphrey, teosofo inglese, e nulla o quasi resti delle antiche religioni cinesi. Riducendosi peraltro le forme residuali sciamaniche, peraltro talora assai interessanti, alla manipolazione sottile.

Tralasciato inoltre il protestantesimo col suo libero esame ed il suo servo arbitrio, negatore della trasmissione divina personale, la “tradizione apostolica”, come anche il mondo giudaico, ridottosi nei casi migliori, non quelli di una sua mera inversione infera, alla sola elaborazione formale, per non dire degli abomini cabalistici, non rimarranno se non le forme suddette. Il Cattolicesimo dunque attribuisce l’infallibilità al Vicario di Cristo al Pontefice romano, pur non trattandosi di un assunto riconosciuto ab antiquo, ma almeno formalmente recente, seppure propugnato in passato da vari suoi sapienti.

Infallibilità esterna e formale, a cui non corrisponde una dottrina dell’ascesa personale alla perfezione universale per via della conoscenza realizzativa, ma che formulando le sue illazioni, se ne sta lì come qualcosa di posticcio ed accidentale, dando le sue pretese per scontate, senza pretendere che ad esse corrisponda una qualche superiorità attuativa personale e reale.

Quantunque nella dottrina ultima, si pretenda persino di attingere gli assunti della religione non più dalla sola Scrittura e dall’infallibilità pretesa Pontificia, ma anche dai santi, pure i più recenti ed inverosimili, contrariamente agli assunti originali.

Quindi un’aggiunta esterna priva di ragione sufficiente, che fa sì appello all’onnipotenza divina, dandosi una qualche ragione dell’intento, ma senza che la persona del Pontefice abbia ad essere di per sé infallibile, senza la Sua Volontà. Nel caso dell’Ortodossia invece, quello che conta è la divinificazione personale, in greco “teosis”, ragione sufficiente sì d’infallibilità, ma che è in definitiva irrilevabile, priva com’è della documentazione scritturale, nella sua forma direttamente rivelata, oppure negli attestati dei suoi depositari infallibili appunto, ma infallibili proprio per suo motivo.

Resterebbe il mondo sunnita, privato da Omar del suo contatto personale con la scaturigine divina, dove la legge rivelata se ne va da sé, deposito d’interpreti formali, privi sovente di trascendenza. Mentre dall’altra parte, dopo la giurisprudenza con i suoi depositari, talora senza nessuna competenza anche formale, ed il potere temporale separato, in virtù di detta lacuna personale, si propone come suddivisione il mondo delle confraternite, in arabo “ţurūq”, prive di una scaturigine trascendente vivente oltre quella dell’origine, attribuita per lo più, anche se non esclusivamente, al Nunzio divino ed ai suoi Figli.

Ma senza che s’abbia una derivazione diretta e continua, con una formalizzazione estrema delle origini. Che oltre ad essere succedanea e derivata, non esclude inoltre abbia a cessarsene di fatto la catena di trasmissione, dandone luogo a depositari indegni, ignoranti, incapaci, tali da invalidarne del tutto la pretesa investitura iniziatica, al di là di ogni vana e tronfia pretesa, come una materia incapace di adattarsi alla forma che le venga impressa, dato che la stessa “iniziazione virtuale” abbia ad essere valida solo sotto certe condizioni. Oltre tutto questo, la Famiglia immacolata del Nunzio divino, siccome dei suoi degni eredi e dei suoi legittimi successori.

Avevamo già spiegato in precedenza la provenienza divina primaria e diretta, luce muhammadica, od intelletto primo, oppure calamo supremo, la quale a sua volta viene a fare da scaturigine da un lato di tutti i Nunzi ulteriori e dei loro Eredi. Così come a sua volta si propaga di centro in centro dei vari livelli dell’essere, a costituirne inoltre i singoli Vicari divini orientati direttamente nel verso della trascendenza, sino al mondo corporeo, ed alle stesse forme larvali dissolutive infere, se dall’Identità procede l’unità, quindi l’unicità, vale a dire, quanto vi è di più possibile vicino e simile all’Uno Supremo.

Avevamo già prima spiegato in breve dell’inevitabilità di quel primo livello di quella prima esternazione divina, ed adesso lo facciamo anche per la sua scaturigine, sostanzialmente unita, formalmente differente, che pervade tutti i vari gradi dell’arco discendente dell’essere, unica ed inclusiva, siccome già chiariva a suo tempo Molla Sadra. Chi mai saranno dunque costoro, assunto che abbia la loro derivazione anche una personalità corporea simile alla nostra, anche per noi rilevabile, nella stessa sensibilità di questo nostro basso mondo? Com’è che dunque li identificheremo, nel loro ufficio per noi necessario?

Non saranno essi forse il Messaggero della Rivelazione divina, il latore dei segni d’Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, con la sua Famiglia benedetta ed immacolata, i suoi Figli puri? La cosa è rilevabile dalla Scrittura, e dalle narrazioni ad essa riferentisi, vale a dire, dai detti suoi e della sua Famiglia benedetta, in particolare del suo alter ego Alì, la pace su di lui, il più vicino a lui nella sua scaturigine divina immediata, com’è che afferma lo stesso Ibn Arabi, oltre agli altri undici Imam ed a Fatima, la pace su di loro.

Si potrà certo non credere alla Rivelazione, ma non si potrà negare la sua necessità, in primo luogo sotto il riguardo della derivazione dei livelli dell’essere, che essa compendia e stabilisce di volta in volta nella sua funzione vicaria divina personificata. Si potrà anche negare il Nunzio divino, non certo un depositario della Sua Rivelazione, e dato che questa sia accettata e riconosciuta, ne saranno allora presentabili e riconoscibili sia i promulgatori, sia il loro Sigillo, quel medesimo che altrimenti sarebbe o irriconoscibile od inesistente, contrariamente alla necessità degli assunti esistenziali.

Dunque questa medesima verrà ad essere l’infallibilità autentica, non altre in virtù del rango esistenziale dei suoi depositari, della loro scaturigine divina diretta e non mediata, la quale li renderà scevri da colpa e da errore, agli occhi d’Iddio, Ne sia esaltato l’Essere, più e prima che di quegli degli uomini. Perché la loro verrà ad essere la Sua stessa Volontà suprema inconculcabile, senza nessuna possibilità di sviamento, tanto che sarà dunque a loro, cosi come a quelli che ne sono i legittimi rappresentanti in terra per loro stesso decreto, che dovremo affidarci, seguendoli in tutto e per tutto.

Che altri uomini, così come altre realtà umane derivate abbiano ad arrogarsela, nulla significa, non riguardandoli, così come neppure ne riguarderà i retti seguaci. I loro errori saranno velleitariamente ed arbitrariamente rilevabili in vario modo dagli uomini, nella loro ignoranza, in particolare dagli empi, ma senza riguardare nulla d’Iddio, eccelso Ne sia il Nome, senza nulla averVi a che fare, non avendo nessuna prospettiva e nessun significato nel Suo verso, ma solo riducendosi a vane immaginazioni ed a meri errori, che Ne scaturiscono per mera negazione o riduzione esistenziale.

Essi saranno dunque sì umani, ma in senso diviso, a prescindere dalla loro scaturigine inconculcabile, che per loro è un velo, di luce o di tenebra, che ne occulta la realtà, ed umanamente essi si comporteranno, fatto salvo l’esito inevitabile del tutto indipendentemente dal loro volere preteso. Mentre i nostri invece agiranno direttamente per Iddio, Ne sia esaltato il nome, oltre ogni mediazione fuorviante, che in ogni caso sarà loro pur sempre sottoposta, ma senza che il secondo aspetto abbia ad invalidare od occultare, almeno in loro, il primo, che sarà per loro quello attivo, oltre ogni occultamento.

Laonde anche per loro avremo sconfitte, loro uccisioni, ingiustizie subite, mai fatte, ma senza fallimenti al cospetto dell’Altissimo, senza loro disperazione, senza che in nessun caso il Volere Divino abbia ad essere conculcato da chicchessia, se non velleitariamente ed illusoriamente. Non dunque semplici uomini, non meri individui, ma invece persone divinificate, tali ab aeterno, depositarie di una conoscenza presenziale ed essenziale, la quale li identificherà alla prima luce derivata da Quella Suprema d’Iddio, eccelsa Ne sia la lode, in una consustanzialità ed essenzialità che li rende, quanto a quella luce seconda, depositari dell’esistenza stessa creata ai suoi vari livelli.

In particolare questo avviene per questo nostro basso mondo corporeo, dove essi si ripropongono siccome latori e promulgatori della Rivelazione, del Messaggio Divino, in primo luogo della Sua Essenza purissima e benedetta, quindi dei Suoi attributi, dei Suoi atti, così come di tutti i loro annessi, esistenziali e legislativi, i quali si palesano agli uomini dalla promulgazione originale dell’Inviato dell’Altissimo in divinis, in quanto scaturigine della Sua Stessa Sostanza Benedetta, ed inoltre dalla originale promulgazione adamica a quella subordinata, quanto invece a questo nostro basso mondo corporeo.

Gli uomini per lo più li rifiutano, assieme alla loro interpretazione corretta della varie forme attuative, dell’ascesa perfettiva alla prossimità divina, per precipitare così nella voragine, come ci ripete più volte il Sacro Corano. Senza che essi, in virtù della scaturigine divina immediata donde traggono essere e legittimità, abbiano a trarne nessun danno e nessun limite, ma solamente ulteriore dignificazione ed esaltazione, quanto al loro apparire, fattane salva la sostanza superna trascendente inconculcabile loro largita, nella quale dimorano ab aeterno nella beatitudine divina, che nulla potrà mai ledere.

Iddio, benedici Muhammad e la Famiglia di Muhammad, ed affrettane il palesamento.

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