Il concetto di Assoluto e di Uomo Perfetto in Mulla Fayd al-Kashani, di Liyakat Takim. Questo articolo esplorerà le molte dimensioni di Mulla Fayd al-Kashani e si concentrerà nell’esaminare il suo contributo in materia di gnosi.
Fayd al-Kashani è stato un importante sapiente in vari campi del sapere. In particolare, è riportato che ha composto scritti in materia di hadith, di esegesi, di etica ed anche di gnosi e di conoscenza intuitiva. Crebbe a Qom e successivamente si mosse ad Isfahan, dove morì nel 1091/1680 – 1681. Lasciò numerose opere in arabo e persiano, che coprono un ampio spettro di argomenti religiosi e filosofici. Egli è specialmente rinomato come studioso esperto di hadith. Circa centoventi opere di al-Kashani ci sono conosciute sebbene alcune di esse, più di una volta, siano state elencate con titoli differenti.
Questo articolo esplorerà le molte dimensioni di questo notabile sapiente. Più specificatamente, esaminerà il suo contributo nella letteratura degli hadith Islamici e considererà il contributo di Kashani in materia di gnosi.
Introduzione
Molto è stato scritto riguardo la base culturale e il sapere di Fayd al-Kashani. Quindi, questa introduzione sarà breve. Fayd è nato in una famiglia in cui tutti i membri furono considerati essere studiosi in ambito religioso. Il suo nome proprio era Muhammad ed il suo soprannome Muhsin. Successivamente gli fu conferito il titolo di Fayd dal famoso teosofo sciita, Mulla Sadra. Suo padre, che fu uno dei rinomati giuristi del suo tempo, si chiamava Mulla Murtada, conosciuto anche come Shah Murtada. Suo padre era il genero di Diya’ al-Urafa al-Razi, che fu un uomo di gusto e di conoscenza gnostica e raggiunse stazioni spirituali sublimi.
Nella sua biografia, che scrisse lui stesso, Fayd non riferisce nulla riguardo la sua data di nascita e dice solo che studiò le scienze letterarie, l’arabo, la logica e le scienze religiose quando fu uno studente di suo padre e di suo zio nei primi venti anni della sua vita. Poiché suo padre (Shah Murtada) morì nell’anno 1009 dell’Egira a Kashan (Iran), Fayd deve aver appreso solo i preliminari, ovvero, letteratura ed arabo, presso di lui e acquisì gran parte del suo sapere da suo zio, il figlio di Diya’ al-Urafa al-Razi. Ai suoi tempi, Isfahan era sia capitale dei Safavidi sia centro di studio di giurisprudenza, di filosofia e di altri campi di studio di quel tempo. Quando ebbe venti anni, Fayd lasciò Kashan e si mosse per Isfahan. Dice nella sua biografia:
“Mi trasferii ad Isfahan quando ebbi venti anni e trovai quella città un luogo di adunanza di tutti i sapienti. Imparai matematica e le altre scienze dagli insegnanti di lì. …Andai lì e studiai la scienza degli hadith presso di lui (Sayyid Majid Buhrani) con audizioni e recitazioni avendo successo nell’ottenere dallo Shaykh il permesso per narrare gli hadith. Ottenni tale profondità di sapere dalla sua presenza da non avere più bisogno dell’imitazione.”
E’ evidente dalla sua affermazione che studiò matematica e altre scienze, che normalmente includevano medicina tradizionale, astronomia ed astrolabio, e le così chiamate scienze moderne in Isfahan.
Successivamente fece ritorno alla sua città natale, Kashan, dove fondò una scuola per l’insegnamento di filosofia e teologia. Scrisse poemi gnostici e numerosi libri in arabo, comprendenti al-Mafatih, al-Wafi, Usul al-Ma’arif e al-Mahajja al-Bayda.
Studi in Hadith
Una delle ragioni per la scelta di Fayd della classe di Sayyid Majid al-Buhrani fu la sua grande reputazione negli hadith e nel suo essere una guida spirituale, il cui viaggio o emigrazione dalle province dell’Iraq e del Bahrain lo resero famoso nei seminari e gli fecero attrarre numerosi appassionati di hadith. L’altra ragione di Fayd fu la sua inclinazione verso gli hadith ed il suo esserne studioso, che può essere inferita dal suo repentino e celebre viaggio dal Dar al-Ilm (Casa della Scienza) di Isfahan a Shiraz, ed anche dai suoi abbondanti scritti ed opere in materia di hadith.
Fayd studiò hadith, o secondo le sue proprie parole, ilm-al-hadith, in due maniere: audizione (ascoltando gli insegnanti di hadith) e recitazione (leggendo gli hadith dal libro all’insegnante cosicché egli possa confermarli o modificarli e possa concedere al lettore il permesso di narrarli o criticarli).
Secondo gli insegnanti di hadith, l’audizione è il miglior modo, dal momento in cui l’insegnante fa’ meno errori parlando che ascoltando. Nonostante la sua relativa perfezione, recitare hadith e presentarli all’insegnante non è uguale in efficacia come l’audizione.
Nondimeno, questi due modi, o i così chiamati tahammal al-hadith (ottenere e preservare gli hadith), sono considerati i metodi migliori per impararli e per creare una relazione con l’insegnate. E’ qui che il grado della crescita e delle capacità dello studente di hadith e persino la metodologia dell’insegnante e la sua vicinanza allo studente possono essere riconosciuti.
Fayd ebbe successo nell’ottenere il grado per l’ottenimento del “permesso” per la loro trasmissione (ottenere il permesso di narrare hadith dall’insegnante dalla catena di narratori prima di lui). Come Fayd stesso disse, divenne non solo narratore di hadith, ma anche un giurista religioso capace di inferire le leggi islamiche indipendentemente dall’imitazione di un altro studioso. La sua opera al-Wafi rende testimonianza della veridicità di quest’affermazione. Secondo le sue stesse parole, compose questo libro per rettificare i quattro libri sciiti di hadith (al-Kafi, Man al yahduruhu al-faqih, Tahdib al-Ahkam e al-Istibar) e lo considerò superiore ad essi.
L’aver smesso di frequentare le classi di Sayyed Majid al-Buhrani e l’essere ritornato da Shiraz ad Isfahan può essere considerato un segno della compiutezza del suo sapere in materia di hadith; comunque, subito dopo al suo arrivo ad Isfahan, come lui stesso dice, andò al seminario di Shaykh Baha’ al-Amuli. Fayd scrive: “Quando ritornai ad Isfahan, godetti della presenza di Shaykh Baha’ al-Amuli, ed ottenni il permesso per la narrazione [degli hadith] da lui”.
Gnosi (‘Irfan)
Nel diciassettesimo secolo, emerse in Isfahan un’importante scuola di teosofia, che combinò l’approccio filosofico e quello teologico alla gnosi. Lo scopo di questa scuola fu di rivelare la verità segreta nascosta negli insegnamenti e nelle tradizioni degli Imam. Le fonti base furono le stesse degli altri ‘ulama, cioè le tradizioni attribuite agli Imam che furono sistematicamente compilate nelle opere autorevoli di Kulayni (m. 940), Ibn Babawayh (m. 991), e dell’Allamah Muhammad Baqir al-Majlisi (m. 1699).
I maestri filosofi scrissero dei commentari a queste opere. Ciò che differenzia l’approccio teosofico da quello degli altri ‘ulama fu che mentre quest’ultimo fu dialettico, il primo fu essenzialmente ermeneutico, o interpretato spiritualmente.
Sadruddin Muhammad ibn Ibrahim Shirazi, conosciuto come Mulla Sadra (1572 – 1641), fu senza dubbio il membro più brillante dei teosofi di Isfahan. Cercò di costruire un sistema filosofico che avrebbe soddisfatto sia l’istanza filosofica che quella religiosa, e di riconciliare gnosi e pura filosofia. Avendo studiato l’intera eredità religioso/filosofica e gnostica dell’Islam, consapevolmente creò una sintesi di tradizione neo-Platonica di al-Farabi, Ibn Sina, e la sua scuola; di Ishraqi o di filosofia Orientale dell’Illuminazione di Suhravardi (m. 1191) e i suoi seguaci; e di teosofia Sufi di Ibn Arabi ed i suoi discepoli.
All’inizio della sua carriera, Mulla Sadra espresse apertamente le sue credenze secondo la sua dottrina dell’esistenza come insegnata dal maestro di Sadra, Mir Damad (m. 1631). E come Mir Damad incorse nella censura da parte di alcuni pretesi eruditi, così Sadra fu costretto a fuggire da analoghe pressioni prendendo rifugio in un piccolo villaggio vicino Qom per un periodo dai sette ai quindici anni. La reclusione solitaria, ci racconta nell’introduzione della sua famosa opera (Sih asl), gli fece realizzare come egli errò basandosi eccessivamente sulle potenze razionali. Estenuanti esercizi spirituali ed un’estenuante contemplazione lo aiutarono a scoprire nuove verità, e comprendere intuitivamente ciò che egli apprese razionalmente. Attraverso tali esperienze spirituali, affermò di aver avuto accesso a segreti divini che prima non comprese.
La vera conoscenza, afferma Sadra, non si trova né nella giurisprudenza, né nella filologia, né nella grammatica né nella medicina; piuttosto, la vera conoscenza è la comprensione esoterica degli insegnamenti degli Imam, accessibile solo per alcuni. La luce della rivelazione del Corano può splendere solo attraverso l’occhio che può vederla e riflettere. La contemplazione filosofica è quest’occhio, e questa è disponibile ai teosofi, i contemplatori.
Come il suo maestro Mulla Sadra, le prospettive e gli insegnamenti di Fayd al-Kashani furono fortemente coloriti di gnosi e filosofia. Infatti, Fayd abbracciò molta della “filosofia trascendentale” elaborata dal maestro e manifestò anche uno straordinario interesse per la gnosi. La sua opera più breve è il trattato sul viaggio spirituale (tradotto in italiano e pubblicato in appendice a “La gnosi islamica”, di A.Di Palma, Irfan edizioni, n.d.t.). In esso cerca di illustrare i gradi del viaggio spirituale (suluk) con copiose citazioni dagli Imam, così mostrando nuovamente la sua preoccupazione di trasmettere all’Iran sciita, in un’appropriata forma modificata, parte dell’eredità spirituale che ritenne degna di essere preservata.
L’Uomo Perfetto e l’epifania endiatica
Uno dei concetti principali della gnosi islamica è quello dell’Uomo Perfetto (al-Insan al-Kamil). Alcuni gnostici tentarono di colmare la distanza ontologica e assiologica tra l’Assoluto e gli esseri umani introducendo l’idea dell’Uomo Perfetto. Fayd al-Kashani discusse del concetto in un contesto ad ampio spettro di soggetti relazionati alla categoria generale della filosofia gnostica nella sua breve opera Kalimat maknuna min ‘ulum ahl al-hikma wa’l-ma’rifa (I discorsi esoterici concernenti la conoscenza di coloro che hanno saggezza e gnosi). Egli intese il concetto dell’Uomo Perfetto all’interno della struttura dell’Auto-Manifestazione dell’Assoluto (epifania endiatica).
Fayd inizia discutendo la relazione tra l’Assoluto e il finito. Egli afferma che l’Assoluto è il plenum della realtà prima della “Sua” auto-determinazione nel mondo attuale. In altre parole, il tutto auto-sufficiente è determinato in realtà individuali, che insistono sulla loro propria esclusiva ed indipendente identità. Il mondo attuale, la cui natura intrinseca è la molteplicità o la pluralità, emerge attraverso questo processo. Il mondo è uno con l’Assoluto e partecipa della Sua Realtà in quanto è una delle sue forme determinate. Ma, allo stesso tempo, il mondo rimane distante dall’Assoluto in quanto è un’esistenza determinata e limitata. L’Assoluto e il mondo sono polarità opposte.
Al fine di spiegare la relazione tra l’assoluta unità e la molteplicità, tra di essi è necessaria una specifica realtà intermedia nel processo della manifestazione o emanazione divina. Questa dimensione è chiamata “l’unità relativa” (wahidiyya), che corrisponde alla posizione dei Nomi Divini discussi in dettaglio nella Teologia Islamica nel corso dei secoli. Come il Corano ci ricorda, Dio ha molti Nomi come il Creatore (al-Khaliq), il Beneficiente (ar-Rahman), il Provvidente (al-Razaq), il Vendicatore (al-Muntaqim) ed altri. Questo vuol dire che mentre Egli tiene per Sé la suprema unità, Dio ha aspetti che corrispondono alla molteplicità del mondo transuente.
Fayd congettura che il locus della manifestazione che riflette l’Assoluto nelle sue molteplici forme è il mondo. La sfera dei Nomi Divini, che è la dimensione corrispondente alla molteplicità del mondo, è inclusa nel Nome comprensivo, Allah. Ogni nome divino individuale è manifestato da un ente individuale nel mondo creato come locus della propria epifania. Comunque, il Nome comprensivo, Allah, è manifestato nell’Uomo Perfetto, poiché corrisponde ad Allah nella sua onnicomprensività.
Il processo dell’automanifestazione o emanazione dell’Assoluto è divisa in due stadi. Il primo è lo stadio della manifestazione dei Nomi Divini, e il secondo è quello della manifestazione del mondo attuale. Per Fayd, l’Assoluto vuole che Egli manifesti la Sua Essenza in un locus perfetto di manifestazione. Il locus include tutti gli altri luminosi loci della manifestazione come anche quelli umbratili dell’apparenza. Comprende anche le intere realtà, sia segrete che manifeste, ed avvolge tutte le particolarità, sia nascoste che manifeste.
L’ipseità (huwiyya) necessaria per sua propria essenza (dhat) intende sé stessa senza aggiungere nulla alla sua essenza. Non c’è nulla di distinto dalla e nella sua ipseità né nell’intelletto (ta’aqqul) né nella realtà concreta (al-waqi’). Allo stesso modo, gli attributi e i nomi dell’ipseità sono intesi come relazioni essenziali soprasensibili senza che essi debbano manifestare le loro proprie tracce o distinguersi l’uno dall’altro in forme concrete.
Ciò mostra il primo stadio dell’auto-manifestazione, e non c’è ancora influenza sul mondo esterno. In questo stadio l’Assoluto è virtualmente determinato verso il mondo esterno, ma è ancora nella Sua unità. Proprio come il processo dell’automanifestazione dell’Essere Assoluto è diviso in due stadi, così l’Uomo Perfetto sembra avere due aspetti.
Nello specifico, il primo è quello in cui l’essenza inconoscibile dell’Assoluto si manifesta nell’esistenza determinando Sé Stessa come Nome. Riflettendo Sé Stessa nella forma dell’Uomo Perfetto, l’Assoluto discende nel mondo della relatività ed è manifestato.
L’Uomo Perfetto è uno specchio indispensabile per rivelare la manifestazione dell’Assoluto. Il secondo aspetto è quello che media tra i Nomi Divini, che sono l’esistenza necessaria, e le esistenze individuali nel mondo della creazione, e li rende manifesti. Le individuali e limitate forme dell’Assoluto nella forma dei Nomi Divini necessitano della loro controparte nel mondo della creazione come loci della loro manifestazione. Ciascun Nome Divino riflesso nell’Uomo Perfetto continua ad esistere attraverso il trovare a sé stesso un individuo esistente nel mondo della creazione come locus della propria manifestazione, che corrisponde alla propria controparte tra i Nomi Divini.
In virtù dell’amore divino, cioè dell’Automanifestazione dell’Assoluto che è inconoscibile in sé stessa, il mondo della creazione viene all’esistenza. In questo schema divino dell’automanifestazione, l’Uomo Perfetto si trova nella propria posizione focale, che media tra, e connette, i Domi Divini e il mondo della creazione. Fayd al-Kashani afferma quanto segue:
“In generale l’Assoluto, Gloria a Lui l’Altissimo, manifesta sé stesso nello specchio del cuore dell’Uomo Perfetto, che è il Suo Vicegerente. Il riflesso delle luci dell’automanifestazione emana sé stesso attraverso il mondo dallo specchio del suo cuore. Con l’arrivo di questa emanazione l’esistenza del mondo continua. Fino a quando questo Uomo Perfetto rimane nel mondo, attinge dalle automanifestazioni essenziali dell’Assoluto. Essi sono la misericordia della clemenza e della compassione divina resa evidente attraverso i Nomi e gli Attributi, i cui loci di manifestazione sono queste esistenze del mondo. Perciò, in virtù di questo processo di attingere e di emanare, queste automanifestazioni sono preservate fino a quando questo Uomo Perfetto rimane nel mondo. Nessuno significato giunge dall’interno all’esterno senza il suo giudizio e nulla giunge dall’esterno all’interno senza il suo ordine (amr)”.
Aspetti dell’Uomo Perfetto
L’Uomo Perfetto è descritto con tali differenti espressioni come “Luce Muhammadiana” e “Realtà delle realtà”. La radice, il luogo di origine, il luogo del ritorno, il luogo dell’inizio della creatura nella sua totalità sono la presenza della Realtà delle realtà. Essa è la Realtà Muhammadiana (haqiqat Muhammadi), e la Luce Ahmadiana (Nur Ahmadi). La forma della presenza è una ed unica, comprendente in essa tutte le divine perfezioni come anche quelle del mondo, e fissa la scala assiologica riguardante angeli, animali ed esseri umani. Il mondo e coloro che vi si trovano sono forme e parti della Sua elaborazione. Adamo e gli esseri umani sono soggiogati al suo potere per creare la perfezione (takmil).
Da questa citazione comprendiamo che la Realtà Muhammadiana è la realtà dell’intero mondo creato, e il mondo creato è l’estrinsecazione di essa. Gli esseri umani nel mondo attuale sono soggiogati alla Realtà al punto da passare dalla potenza all’atto secondo le forme predeterminate che sono locate nella Realtà Muhammadiana. Al-Kashani prosegue nel citare e nell’interpretare gli ahadith per suffragare questa posizione.
Dalla posizione intermedia dell’Uomo Perfetto tra Dio e gli uomini può essere dedotto il concetto che l’Uomo Perfetto sostiene l’esistenza del mondo e che il mondo cesserebbe di sussistere senza la sua esistenza, Fayd al-Kashani afferma quanto segue:
“Poiché l’obiettivo della creazione e della continuazione del mondo è l’Uomo Perfetto, ovvero il Giusto Imam che è il Vicegerente (khalifa) di Dio sulla terra nello stesso modo in cui lo scopo del corpo è l’anima razionale (al-nafs al-natiqa), deve conseguirne che il mondo più basso [questo mondo] perirebbe con la rimozione di questo uomo nello stesso modo in cui il corpo decadrebbe con la dipartita dell’anima razionale. Egli, Lode a Lui, non si manifesta nei mondi più bassi senza un intermediario. Per ciò con l’assenza dell’Uomo Perfetto (inqita’) l’assistenza [di Dio] che è imperativa per la continuazione dell’esistenza e delle perfezioni del mondo cesserebbe. Questo mondo cesserebbe con la sua scomparsa (intiqal), ed i significati e le perfezioni che sono in esso lo lascerebbero per un altro mondo. A questo punto, il firmamento si frantumerebbe, il sole perderebbe la propria radianza e le stelle si oscurerebbero e si disperderebbero”.
Conclusione
Questo trattato ha il fine limitato di sottolineare parte del pensiero di Fayd al-Kashani riguardo l’Assoluto e la molteplicità di questo mondo. Egli affronta il concetto dell’Uomo Perfetto nel discorso e lo identifica con l’Imam. Data la nozione dei sapienti sciiti della figura e funziona dell’Imam, la prospettiva del mondo di Ibn Arabi, specialmente la sua idea di Uomo Perfetto, è stata adeguata e incorporata nelle loro speculazioni. La confluenza dell’imamologia sciita e della gnosi di Ibn Arabi è particolarmente evidente nell’Iran Safavide, e l’esposizione di Fayd al-Kashani nel suo Kalimat maknuna ne è un buon esempio.
Fonte: al-islam.org.