Meloni e l’allarme sul disimpegno statunitense
Analisi dell’intervento di Giorgia Meloni ad Atreju sul possibile disimpegno degli Stati Uniti dalla sicurezza europea e sulle sfide dell’autonomia strategica dell’Europa.
15 dicembre 2025, di Mostafa Milani Amin
Il possibile ridimensionamento del ruolo degli Stati Uniti riapre il dibattito sulla difesa europea e sul prezzo della libertà strategica del continente.
Il messaggio è diretto, quasi perentorio: l’Europa deve svegliarsi. Dal palco di Atreju, ieri, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha lanciato un avvertimento che va ben oltre il perimetro della politica interna italiana. Le parole sul possibile disimpegno degli Stati Uniti dalla sicurezza europea, attribuito alle posizioni sempre più esplicite di Donald Trump, suonano come una chiamata alle armi — politiche e strategiche — per un continente che per decenni ha delegato la propria sicurezza.
Secondo Meloni, le valutazioni che circolano nelle cancellerie occidentali sono “molto allarmate”. Trump avrebbe ribadito con maggiore decisione che gli Stati Uniti intendono ridurre il loro impegno e che gli europei devono organizzarsi da soli. Una prospettiva che la premier sintetizza con un’espressione destinata a restare: “Buongiorno Europa”. Un risveglio brusco dopo ottant’anni in cui la sicurezza del Vecchio Continente è stata in larga parte appaltata a Washington, nella convinzione che fosse una garanzia gratuita.
Meloni ribalta questa narrazione: quella protezione non era gratis. Aveva un prezzo, fatto di condizionamenti politici e di dipendenza strategica. “La libertà ha un prezzo”, ha detto, rivendicando una scelta di campo che preferisce una libertà costosa a una servitù apparentemente comoda ma, alla lunga, ancora più onerosa. È un’affermazione che parla al pubblico sovranista, ma che intercetta anche un dibattito ormai trasversale in Europa: quanto è sostenibile continuare a fondare la sicurezza europea quasi esclusivamente sull’ombrello americano?
Il punto non è soltanto Trump. Le parole della premier si inseriscono in un contesto internazionale in rapido mutamento, segnato da nuove priorità strategiche degli Stati Uniti, sempre più orientati verso l’Indo-Pacifico e la competizione con la Cina. In questo scenario, l’Europa rischia di restare scoperta se non rafforza la propria capacità di difesa autonoma, sia sul piano industriale sia su quello politico.
Meloni, da una posizione tradizionalmente atlantista, non mette in discussione l’alleanza con gli Stati Uniti né la centralità della NATO. Il suo discorso, però, spinge l’Unione Europea a fare un salto di qualità: non più semplice alleato protetto, ma partner responsabile, in grado di contribuire in modo credibile alla sicurezza collettiva. È una linea che tenta di tenere insieme due esigenze spesso viste come contrapposte: fedeltà all’Occidente e autonomia europea.
Resta il nodo politico. Parlare di difesa comune significa affrontare questioni spinose: aumento della spesa militare, coordinamento industriale, condivisione di sovranità. Temi che dividono governi e opinioni pubbliche, soprattutto in un’Europa attraversata da fragilità economiche e tensioni sociali. L’allarme lanciato da Meloni, però, suggerisce che il costo dell’inazione potrebbe essere più alto di quello delle scelte difficili.
Il richiamo alla libertà come valore da pagare non è casuale. Nella visione della presidente del Consiglio, l’indipendenza strategica non è un lusso ideologico, ma una necessità storica. Se davvero gli Stati Uniti ridurranno il loro impegno, l’Europa non potrà limitarsi a reagire: dovrà anticipare, investire, decidere. In questo senso, il “buongiorno” evocato da Meloni è anche un invito a smettere di rimandare.
Il discorso di Atreju segna quindi un passaggio politico rilevante. Al di là delle appartenenze e delle polemiche, pone una domanda che riguarda tutti i governi europei: siamo pronti a pagare il prezzo della nostra sicurezza? Se la risposta è no, il rischio è continuare a vivere in una comoda illusione, finché qualcun altro non deciderà che è arrivata l’ora del conto.