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La tragedia del Sudan e il ruolo di Israele ed Emirati

Analisi della guerra civile in Sudan e del ruolo destabilizzante di Israele ed Emirati, tra massacri, ingerenze regionali e guerra cognitiva. Un appello alla resistenza dei popoli contro l’oppressione globale.

07 novembre 2025, di Mostafa Milani Amin


Copertina tragedia del Sudan

Il Sudan è travolto da una nuova guerra civile, tra le forze armate guidate da Burhan e le Forze di Supporto Rapido di Hemedti. La caduta di al‑Fashir e il massacro dei civili hanno rivelato un intreccio più ampio: Israele ed Emirati sostengono direttamente le forze ribelli e costruiscono basi nel Mar Rosso. Una crisi locale che si è già trasformata in una minaccia regionale.

Dal 2023 il Sudan è teatro di una nuova guerra civile tra le forze armate guidate dal generale Abdel Fattah al‑Burhan e le Forze di Supporto Rapido (RSF) sotto il comando di Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemedti. Uno scontro interno che, con l’ingerenza di attori esterni, ha assunto dimensioni regionali e geopolitiche di grande rilievo.

La caduta della città di al‑Fashir, accompagnata da massacri di civili, ha messo in piena evidenza il ruolo degli Emirati Arabi Uniti, che sostengono le RSF. In sede ONU, il rappresentante sudanese ha denunciato con forza l’ingerenza di Abu Dhabi, presentando documenti che dimostrano il sostegno militare e logistico ai ribelli.

Il ruolo di Israele è altrettanto centrale e destabilizzante. Tel Aviv ha mantenuto contatti sia con Burhan sia con Hemedti, ma negli ultimi mesi ha scelto di sostenere apertamente il leader delle RSF. Israele ha fornito tecnologie di sorveglianza avanzate e ha collaborato con gli Emirati nella costruzione di basi nel Mar Rosso e in Somalia, con l’obiettivo di consolidare la propria influenza e di estendere la propria presenza militare nella regione.

La guerra sudanese preoccupa profondamente l’Egitto, che teme ripercussioni dirette sulla propria sicurezza nazionale. Analisti egiziani hanno ipotizzato persino un possibile intervento militare del Cairo qualora il conflitto minacciasse la stabilità dei confini o l’equilibrio regionale.

Il Sudan, ricco di risorse naturali e collocato in una posizione strategica tra Nord Africa e Mar Rosso, è divenuto terreno di saccheggio e manipolazione da parte di potenze regionali. La tragedia di al‑Fashir mostra come la guerra interna si intrecci con una guerra cognitiva e di civiltà, in cui i regimi di Tel Aviv e di Abu Dhabi non solo interferiscono, ma giocano un ruolo attivo e distruttivo, alimentando il conflitto e destabilizzando l’intera regione.

La tragedia sudanese non è un episodio isolato, ma si inserisce in una più ampia strategia di dominio dei regimi occidentali e del regime di Tel Aviv, che da decenni cercano di piegare le società della regione attraverso guerre, destabilizzazioni e manipolazioni cognitive. Il Sudan diventa così un laboratorio di ingerenza, dove la guerra interna viene alimentata e sfruttata per consolidare interessi esterni.

Questi regimi, che proclamano valori di democrazia e diritti umani, in realtà sostengono e coprono le operazioni dei loro alleati regionali. Tel Aviv, con la sua agenda espansionista, e Abu Dhabi, ridotta a vassallo obbediente, agiscono come strumenti di una stessa strategia: penetrare nel Mar Rosso, controllare le rotte commerciali e trasformare i conflitti locali in leve di potere geopolitico.

Questa dinamica mostra come la guerra del Sudan sia parte di una guerra cognitiva e di civiltà, in cui la propaganda occidentale maschera la realtà e giustifica l’intervento dei regimi complici. La tragedia di al‑Fashir diventa così simbolo di un disegno più ampio: non solo la distruzione di una città, ma l’attacco sistematico alla stabilità e alla dignità dei popoli.

La via d’uscita da questa spirale di dominio e tirannia non può certamente venire dai regimi complici, ma dai popoli stessi. Il popolo iraniano, insorto contro i programmi globali di oppressione, ha mostrato che la resistenza è possibile anche di fronte a pressioni inaudite di ogni tipo. I popoli ne seguano dunque l’esempio: uniti, lucidi e coscienti, si facciano portatori di dignità, libertà e indipendenza, seguendo il luminoso esempio della Rivoluzione Islamica, ispirata all’estremo sacrificio di Fatima, che continua a irradiare forza, coraggio e speranza a ogni vero nemico dell’oppressione e della tirannia.

Pubblicato anche da: Agenzia Hawzah News


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